- Sembra impossibile guardare i mondiali senza consultare un passo di Kant a ogni calcio d’angolo. Quanti dilemmi morali si pongono, a partire dalla questione della liceità stessa di vedere e commentare una manifestazione organizzata da un regime corrotto e oppressivo, cosa che ha indotto perfino i filoputiniani del Fatto quotidiano a ignorare l’inaccettabile evento sportivo nel regime qatariota.
- Il grande dilemma che sottende tutti i piccoli dilemmi derivati è: si può fare il tifo per i cattivi? Si possono sostenere i non-abbastanza-buoni, tipo i pavidi indossatori dell’orgoglio “one love”, o bisogna inchiodarli agli standard etici che essi stessi hanno fissato e poi disatteso?
- La risposta è sì. E la ragione è – o dovrebbe essere – perfino ovvia per chi ha alle spalle la tradizione dell’occidente democratico e plurale, che pur con tutti i suoi aspetti criticabili qualche pilastro di civiltà nei secoli lo ha costruito.
Sembra impossibile guardare i mondiali senza consultare un passo di Kant a ogni calcio d’angolo. Quanti dilemmi morali si pongono, a partire dalla questione della liceità stessa di vedere e commentare una manifestazione organizzata da un regime corrotto e oppressivo, cosa che ha indotto perfino i filoputiniani del Fatto quotidiano a ignorare l’inaccettabile evento sportivo nel regime qatariota.
Poi c’è la birra vietata sugli spalti, le fasce arcobaleno al braccio annunciate e poi lasciate negli spogliatoi intimiditi da un’ammonizione, i giocatori iraniani che non cantano l’inno alla prima partita per protestare contro il regime e alla seconda si ricredono e cantano, considerando anche l’arresto di un loro collega in patria, che suona come un avvertimento o una profezia.
Ci sono i tedeschi che mettono la mano sulla bocca nelle foto ufficiali e poi fanno una partita da seppuku calcistico contro il fiero Giappone e qualcuno, pur non mettendo in dubbio la bontà della denuncia del bavaglio, osa pensare che forse sarebbe stato meglio usare decentemente i piedi invece che fare simboliche sceneggiate con le mani.
L’Argentina, la squadra più amata dagli italiani in lockdown calcistico, ha perso – e ancora si stenta a crederci – contro l’Arabia Saudita, monarchia assoluta e de facto teocrazia wahhabita con relative discriminazioni e oppressioni, il più grande sponsor del terrorismo internazionale, arbitrario controllore del cartello Opec+ in favore di Putin, il regno del principe Mohammed bin Salman, che si è fatto nominare anche primo ministro per ottenere l’immunità negli Stati Uniti, dove è stato riconosciuto come responsabile dell’omicidio di Jamal Khashsoggi.
Il grande dilemma che sottende tutti i piccoli dilemmi derivati è: si può fare il tifo per i cattivi? Si possono sostenere i non-abbastanza-buoni, tipo i pavidi indossatori dell’orgoglio “one love”, o bisogna inchiodarli agli standard etici che essi stessi hanno fissato e poi disatteso?
Capacità di distinguere
La risposta è sì. E la ragione è – o dovrebbe essere – perfino ovvia per chi ha alle spalle la tradizione dell’occidente democratico e plurale, che pur con tutti i suoi aspetti criticabili qualche pilastro di civiltà nei secoli lo ha costruito.
L’occidente è tante cose, ma è anche e soprattutto la capacità di fare distinzioni. Distinguere il crimine dal criminale, il peccato dal peccatore, le azioni dalle intenzioni, il valore della persona dai suoi comportamenti, il gioco del pallone dai conflitti della geopolitica.
Occidente è quel luogo ideale dove anche i criminali di guerra hanno diritto a un giusto processo, dove le responsabilità sono sempre personali, anche se sono incastonate dentro sentimenti di colpa collettiva che si incarnano in forme di riflessione ed elaborazione che possono condurre a rileggere la storia sotto una nuova prospettiva ed eventualmente a chiedere ammenda per i torti e a offrire risarcimenti per i danni.
Occidente è l’esaltazione di personaggi che usano la propria notorietà per diffondere messaggi sociali e politici che ritengono edificanti, ma è anche la possibilità di tacere e giocare semplicemente a calcio senza fare la morale a nessuno, di inginocchiarsi per solidarietà a Black lives matter o in direzione della Mecca o ai piedi di una croce. O di non inginocchiarsi affatto.
Occidente è non confondere una minoranza di terroristi jihadisti con l’islam, è non fare d’ogni conservatore un fascista, è distinguere la guerra del Cremlino dai romanzi di Dostoevskij, è riconoscere che l’attaccante saudita che fa gol all’Argentina non ha ucciso Khashoggi nel consolato di Istanbul, e dunque non c’è alcuna colpa a trovarsi a esultare da casa per la gloriosa rimonta della squadra più debole, che per ragioni che non c’è bisogno di spiegare attira sempre la simpatia del pubblico disinteressato.
L’indignazione per il mondiale inaccettabile in cui trionfano sempre gli attori più ignobili è la testimonianza della perdita della capacità di fare distinzioni, facoltà senza la quale sarà a un certo punto anche difficile riconoscere i buoni.
Si faccia dunque il tifo per i cattivi che giocano a calcio, senza complessi e complotti. Con un moto di sincera solidarietà per i tifosi fermati mentre tentavano di introdurre di nascosto un po’ di birra allo stadio.
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