L’Italia ha bisogno di maggiore integrazione europea. E di un’Europa che operi in modo più democratico, dove le istituzioni federali (su tutte il parlamento europeo) diventano centrali rispetto a quelle intergovernative: un’Europa, cioè, in cui non siano le preoccupazioni del paese più forte, la Germania, a guidare la politica economica di un’unione in cui una larga fetta dei cittadini, probabilmente maggioritaria, chiede politiche espansive.
L’Europa dei governi nazionali è invece quella che vogliono le destre (sovraniste, dette impropriamente: perché la vera sovranità oggi è quella comune); è questa l’Europa che non aiuta l’Italia sui migranti, prigioniera del regolamento di Dublino, che non l’aiuta nei problemi economici e sociali, prigioniera delle politiche del rigore tedesche.
Prendiamo la legge finanziaria. È chiaro a tutti che ci sono molte meno risorse di quelle su cui contava il governo: perché l’economia rallenta, per il rialzo dei tassi e perché, come in un circolo vizioso, a fronte di questa situazione i mercati si innervosiscono e il rialzo dello spread brucia ancora più risorse (e se l’Italia non fosse nell’euro ne brucerebbe ancora di più).
L’Europa come alibi
La propaganda governativa sta già correndo ai ripari e, com’era prevedibile, punta il dito contro l’Europa: contro la Bce, contro la Germania, contro il commissario Paolo Gentiloni, colpevole di interpretare in modo corretto il suo ruolo.
Ma quando il governo prova a gettare la croce sull’Europa, in realtà getta la croce su sé stesso. Sulla sua visione dell’Europa e dei rapporti fra gli stati: una visione nazionalista, che si rivela contraria agli interessi dei singoli membri e dell’Italia in particolare (perché siamo fra le economie più fragili, perché siamo un paese di primo approdo dei migranti).
Occasioni sprecate
Se tutti i governi adottassero la logica di Meloni e Salvini, proprio noi saremmo i più danneggiati (con l’Europa intera). Bisogna uscire da questa logica, distruttiva e autodistruttiva. Bisogna ribaltarla. È possibile?
Sì, è possibile. Un esempio ce l’abbiamo sotto gli occhi. Si chiama Pnrr. Risorse europee, per ridurre le disuguaglianze, per la scuola e la sanità, per la transizione energetica, per le infrastrutture di trasporto e digitali, accanto a un piano concordato di riforme per rendere l’Italia più moderna e simile al resto d’Europa. Ma il governo queste risorse non riesce nemmeno a spenderle, sta rallentando e sprecando un’opportunità storica (e non fa le riforme).
Un altro esempio è la difesa: qui un bilancio europeo consentirebbe di risparmiare a parità di risultati, perché questo è un settore in cui le economie di scala sono fondamentali, dove la dimensione conta. Ma noi stiamo trattando per una riforma del patto di stabilità che ci consenta di spendere di più per la difesa a livello nazionale (anziché europeo): l’opposto di quello di cui c’è bisogno.
Con il rallentamento dell’economia e la mancanza di risorse, la crisi economica e sociale nei prossimi mesi può farsi drammatica. Ma la propaganda delle destre si sta già attrezzando: dare la colpa all’Europa. Cioè rinfocolare ancora di più il nazionalismo.
Il paradosso è che potrebbe funzionare, almeno nelle urne, se le opposizioni (politiche e sociali) non sapranno riconoscere esse stesse e spiegare bene un semplice dato di verità: e cioè che sono le politiche e le logiche nazionaliste, quelle di Salvini e Meloni, a fare sì che l’Europa non funzioni come auspicabile e che l’Italia vada in crisi. Le destre sono contro l’interesse nazionale.
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