- Che cosa significa ricevere una formazione scolastica valida? Che cosa significa ricevere una formazione? E che cos’è, poi, una formazione? Formazione, formare. Dare forma, lavorare, modellare la materia per ridurla alla fisionomia voluta. Portare, all’interno del caos, un’idea di ordine. Un progetto.
- Qualche giorno fa leggevo l’ennesimo studio sull’impatto delle vacanze scolastiche estive, che secondo alcune analisi aumenterebbero le disuguaglianze fra le classi sociali. Da anni (più o meno dalla metà degli anni Novanta) si parla del fatto che le vacanze estive lunghe potrebbero avere un impatto negativo sugli studenti che vivono in un ambiente economicamente o culturalmente svantaggiato.
- In questi giorni è mancata la mia insegnante di Fisica del liceo, Daniela Rognoni, una persona molto importante nella mia formazione intellettuale. Ma spiegare il motivo della centralità di questa persona e di questa formazione nella mia vita risulterebbe difficile, perché non si tratta di un percorso ben delineato.
Che cosa significa ricevere una formazione scolastica valida? Che cosa significa ricevere una formazione? E che cos’è, poi, una formazione? Formazione, formare. Dare forma, lavorare, modellare la materia per ridurla alla fisionomia voluta. Portare, all’interno del caos, un’idea di ordine. Un progetto.
Di questi tempi, complice anche la campagna elettorale, siamo bombardati dalle idee più o meno mediocri, più o meno vaghe, su cosa sia importante nella formazione di un essere umano (“dei nostri ragazzi”, nel linguaggio della politica). La formazione deve proteggere le persone dalle devianze, dicono, qualsiasi cosa significhi devianze. La formazione è la base su cui costruire il superamento delle disuguaglianze, idea forte e giusta, e al tempo stesso lasciata sul vago. La formazione obbligatoria deve essere allungata, aggiustata, intensificata, ricucita. La formazione, così com’è (e il grande non detto è che nessuno riflette veramente su come sia al momento), è sicuramente imperfetta.
Le vacanze estive
Qualche giorno fa leggevo l’ennesimo studio sull’impatto delle vacanze scolastiche estive, che secondo alcune analisi aumenterebbero le disuguaglianze fra le classi sociali. Da anni (più o meno dalla metà degli anni Novanta) si parla del fatto che le vacanze estive lunghe potrebbero avere un impatto negativo sugli studenti che vivono in un ambiente economicamente o culturalmente svantaggiato.
L’idea romantica delle vacanze scolastiche prevede che siano un tempo di allontanamento dagli obblighi e di coltivazione dell’ozio, del gioco, della rilassatezza. Gli intellettuali, molto spesso, amano ricordare come furono proprio le vacanze estive il periodo in cui avvenne l’avvicinamento a certe letture, a certe visioni. L’estate come periodo fertile e libero. L’estate bella, canonicamente bella, ma anche l’estate brutta, la poetica della pesantezza estiva come culla del pensiero che si articola e si disperde in rivoli che un giorno riveleranno il loro contenuto di meraviglia.
A livello intuitivo, però, possiamo capire che il fatto di allontanarsi dalla scuola per un periodo molto lungo può essere un’esperienza più o meno entusiasmante a seconda della situazione in cui ci si trova. È diverso trascorrere l’estate in un contesto in cui i soldi, ma non solo i soldi, anche la mentalità famigliare, le risorse in senso lato, permettono di accedere a esperienze di un certo tipo? Sicuramente è diverso.
Ma quanto conta? A settembre gli studenti che fuori dalla scuola hanno accesso a poche risorse culturali saranno molto svantaggiati? E in che senso? È solo una questione di apprendimento, di contenuti? Molti studi prendono in considerazione anche l’impatto delle vacanze scolastiche prolungate sulla salute mentale, e su quella fisica, e questo è interessante.
Poi c’è la questione della pressione economica del periodo extrascolastico sulle famiglie povere. Il fatto è che la materia è sfuggente e poco inquadrabile, le analisi risentono di errori metodologici, e a oggi non è stata raggiunta una risposta definitiva sul tema. Sicuramente siamo influenzati dal nostro ambiente di provenienza, che plasma il nostro modo di parlare, le cose alle quali teniamo, il nostro approccio al senso di possibilità. Nel bene e nel male. La formazione scolastica dovrebbe dunque essere il luogo in cui possiamo accedere a qualcosa di inatteso, al regno che si trova oltre il nostro orizzonte predefinito.
Il mistero della formazione
In questi giorni è mancata la mia insegnante di Fisica del liceo, Daniela Rognoni, una persona molto importante nella mia formazione intellettuale. Ma spiegare il motivo della centralità di questa persona e di questa formazione nella mia vita risulterebbe difficile, perché non si tratta di un percorso ben delineato.
Sicuramente, prima di studiare Fisica, non avevo mai pensato che potesse essere una materia così significativa per me. E so anche che, se l’avessi studiata con una professoressa meno coinvolgente e geniale, forse la Fisica non avrebbe tutto questo peso fra le cose che considero rilevanti nella formazione di un essere umano. Insomma, c’è qualcosa di imprevedibile e caotico nella genesi delle nostre idee e delle nostre priorità. C’è sempre. Forse per questo la formazione sfugge alle analisi, e forse per questo “formazione” è una parola che resta misteriosa.
Nel mio caso, ma è solo un esempio, la Fisica del liceo è stata un esercizio di visione e di immaginazione, ma anche di disciplina e di distacco. Un esercizio di metodo. Sono cambiata come persona. In questo senso l’insegnante mi è stata vicino a un livello molto profondo, e oggi resta nei miei pensieri e continua a ispirare le mie riflessioni.
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