- Orbán ha violato i diritti delle minoranze, l’indipendenza della magistratura, l’autonomia e la libertà dei media. Ma «ha vinto le elezioni», dicono Salvini e Meloni, per difenderlo.
- È proprio questo il problema. Non bastano le elezioni, a fare una democrazia e a garantire le libertà. Se vinceranno, Salvini e Meloni cercheranno di fare come Orbán?
- Il rischio di scivolare nel campo delle autocrazie elettorali (che non sono il fascismo del Novecento) è concreto. Esplicito. Solo un rischio, certo. Ma perché mai dovremmo correrlo?
In questi giorni è successo qualcosa di molto preoccupante per i destini dell’Italia. Anche a ridosso del voto, Meloni e Salvini hanno difeso Orbán, condannato dal parlamento europeo per avere in modo sistematico, e progressivo, violato i diritti delle minoranze, l’indipendenza della magistratura, l’autonomia e la libertà dei media.
«Orbán ha vinto le elezioni», hanno detto. Ma il punto è proprio questo.
La democrazia non è fatta solo di elezioni, libere. Ma di istituzioni indipendenti che controllano il governo e garantiscono i cittadini: i quali, per poter votare liberamente (nella sostanza e non solo nella forma), devono anche potersi informare in modo completo e libero; e per potersi candidare, devono avere la certezza che non saranno perseguiti per le loro opinioni.
Si chiama democrazia liberale, dove l’aggettivo «liberale»sta per separazione dei poteri (secondo gli insegnamenti di Locke, di Montesquieu), onde evitare la «tirannia della maggioranza».
È stata nei secoli una grande conquista dell’Occidente, a presidio delle nostre libertà. Ma da qualche lustro è in difficoltà, per l’emergere di forze populiste e di estrema destra che la mettono esplicitamente in discussione.
Proprio Orbán ha coniato l’espressione «democrazia illiberale»(un ossimoro, perché senza garanzie e separazione dei poteri, ripetiamolo, della democrazia rimane il simulacro): vale a dire, l’importante è vincere le elezioni.
Meloni e Salvini hanno confermato che questa è anche la loro posizione. E lo hanno fatto, senza remora alcuna, perfino a ridosso delle elezioni.
Da Trump a Orbán, le destre in Occidente mettono in discussione la democrazia. È un dato, dobbiamo prenderne atto. E il rischio, a quanto pare, riguarda anche l’Italia.
Per certi versi, Meloni e Salvini non potevano essere più espliciti. Nessuno potrà dire che non avevano avvertito i cittadini, a pochi giorni dal voto!
Certo, si dice, la democrazia italiana è solida. E poi c’è l’ancoraggio all’Europa (che però, non a caso, proprio loro mettono in discussione). Anche questo è vero. No, non è sicuro che finiremo come l’Ungheria, se le destre vinceranno. Ma è possibile.
Ci sono a mio giudizio diverse ragioni, in positivo, per votare la coalizione di centro-sinistra.
Due ben note, i diritti civili e l’Europa. Due nuove, per molti aspetti, frutto di un cambiamento maturato in questi anni: la lotta alle disuguaglianze (condivisa anche dal Movimento 5stelle) e l’ambiente (dove invece i programmi del Pd, e di SI-Verdi, sono molto più avanzati).
Ma c’è anche un motivo in più, in «negativo»: sventare un pericolo. Non il fascismo del Novecento; ma il pericolo delle nuove autocrazie, nel nostro tempo.
È solo un rischio. Ma è concreto. Perché mai dovremmo correrlo? Tutte le persone che amano la libertà e la democrazia dovrebbero porsi questa domanda.
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