L’idea di un piano di sviluppo per i nostri vicini è una buona idea, ma Meloni parte da una premessa sbagliata. Non riuscirà a bloccare la partenza dei migranti. Anzi, esattamente il contrario
Un piano per sviluppare l’Africa è sicuramente un ottimo obiettivo e bene ha fatto il governo italiano a richiamare l’attenzione dell’Europa su questo tema, impegnando risorse e progetti. L’Africa è l’unico continente con una dinamica demografica positiva e molti dei paesi africani sono ancora alle soglie dello sviluppo, mentre potrebbero conoscere una crescita importante grazie anche alle nuove tecnologie che hanno minori barriere all’accesso, riducendo così la povertà e garantendo minori tensioni internazionali che spesso derivano proprio dalle condizioni di miseria di intere popolazioni.
Concentrare risorse per favorire lo sviluppo dei paesi africani è per l’Europa e per il nostro paese un obiettivo importante data la posizione geografica che favorisce gli scambi e amplia le opportunità di collaborazione, con reciproco interesse. Ma, dall’auspicata crescita economica dei paesi africani non bisogna attendersi una riduzione dei flussi migratori: al contrario, lo sviluppo economico e sociale non potrà che accentuare, per un certo periodo, l’emigrazione verso l’Europa e verso altri continenti.
Quando si emigra
In effetti, l’emigrazione diviene massiccia proprio quando i paesi avviano processi di sviluppo e di industrializzazione con i connessi fenomeni di urbanizzazione. Paesi molto arretrati con una forte e radicata popolazione rurale difficilmente sono caratterizzati da processi migratori.
Questi avvengono quando si verificano esodi dalle campagne, a causa dell’industrializzazione dell’agricoltura, che portano a processi di urbanizzazione e, di conseguenza, inducono alla ricerca di migliori condizioni di vita attraverso l’emigrazione.
Non è un caso che l’emigrazione dai paesi africani si sia accentuata negli ultimi decenni, in corrispondenza all’avvio di un processo di crescita economica che sta interessando molti paesi africani e che sta facendo crescere grandi agglomerati urbani. È un fenomeno destinato ad arrestarsi quando i paesi avranno raggiunto un discreto livello di sviluppo e quindi le pressioni demografiche si saranno fortemente ridotte.
Ma intanto, c’è da attendersi che un’accelerazione dello sviluppo, da tutti auspicato, sarà accompagnato da un’accelerazione anche dei processi migratori.
Anche in Italia
Si tratta di un fenomeno che abbiamo conosciuto anche in Italia: durante il famoso “miracolo economico” del dopoguerra, il nostro paese ha conosciuto contemporaneamente una forte crescita economica, un massiccio esodo dalle campagne e un possente flusso di emigrazione dall’Italia verso altri paesi europei, verso le Americhe e verso l’Australia.
Poi, a partire dagli anni di crisi (gli anni Settanta), i flussi di emigrazione dall’Italia si sono fermati e successivamente si sono invertiti tanto che l’Italia è diventato un paese di immigrazione. Lo sviluppo dell’Africa è un obiettivo irrinunciabile ma non va confuso con l’obiettivo di evitare l’emigrazione di quei popoli alla ricerca di condizioni di vita migliori.
Per alcuni decenni avremo da convivere con l’immigrazione di popolazioni dall’Africa e da altri paesi e l’unica politica valida non è quella di chiudere le frontiere e di creare campi di contenimento in patria o in altri paesi, ma è quella di approntare sistemi di accoglienza ed integrazione affinché tali flussi non generino tensioni, ma siano un vantaggio sia per chi arriva che per chi riceve.
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