03 ottobre 2022 • 18:31Aggiornato, 03 ottobre 2022 • 19:19
La differenza fra Italia e Germania nei conti col passato deriva forse anche dalla scelta alleata di andar leggeri con l'Italia, frontiera della guerra fredda che già si profilava, e di processare invece il nazismo, condannando a morte a Norimberga i gerarchi che non avevano già fatto da soli, famiglie incluse.
Le terribili immagini delle cataste di morti ammucchiate nei lager servivano a smentire in anticipo chi avrebbe poi negato tutto.
Non l'abiura era necessaria, ma una riflessione corale, profonda, non auto-assolutoria, come nella frase “Italiani brava gente”, menzogna smentita dalle carneficine perpetrate nei Balcani, in Etiopia, in Libia. Eppure difendevano la loro identità, che in futuro magari “si porterà” meglio dell'antifascismo.
Economista, già vice direttore generale di Sofipa SpA, poi direttore generale di Arca Merchant SpA, commissario Consob dal 1996 al 2001. È stato amministratore delegato di Centrobanca dal 2001 al 2004. Fino al 30 giugno 2016 ha fatto parte del Securities Market Stakeholder Group che assiste l'Esma – European Securities Markets Authority – nelle misure di attuazione delle direttive dell’Unione europea. Attualmente è presidente di Indaco Ventures SGR. Editorialista prima di Repubblica e poi del Corriere della Sera, attualmente collabora con il quotidiano Domani. Ha scritto Capitalismo all'italiana. Come i furbi comandano con i soldi degli ingenui (1996) e Contro i piranhas. Come difendere le imprese da soci e manager troppo voraci (2018), entrambi editi da Baldini+Castoldi.