- I cento giorni del governo Meloni sono cominciati con un decreto contro nemici immaginari, i temibili organizzatori di rave, proseguiti con polemiche quotidiane sui beneficiari del reddito di cittadinanza, sulla cartellonistica dei benzinai, sulle intercettazioni e culminati con la gestione del caso Cospito.
- Sono pasticci creati da Giorgia Meloni: la premier, praticamente priva di ogni esperienza amministrativa, si spacciava almeno come politica di professione.
- Invece, il suo governo è un disastro politico dopo l’altro, la pochezza della sua classe dirigente fa rivalutare anche i più inesperti novizi del Movimento Cinque stelle di qualche anno fa.
Un pezzo considerevole dell’establishment italiano adesso dovrebbe soltanto chiedere scusa: ha sostenuto e legittimato l’ascesa di Fratelli d’Italia e della sua leader Giorgia Meloni spacciando l’idea che si trattasse di una maturazione della destra, di una scoperta tardiva ma apprezzabile di moderatismo.
Ancora oggi, sulla stampa internazionale questo governo gode di una certa fiducia dovuta al fatto che non ha (ancora) sfasciato i conti. Palazzo Chigi legge e crede a questa narrativa ed esalta lo spread sotto controllo, appena 190 punti.
Il centrosinistra ha fatto finora campagna contro un partito immaginario, quello dei fascisti normalizzati: una ricerca della Fondazione Ebert dimostra che gli elettori di Fratelli d’Italia non si percepiscono affatto come di estrema destra.
Chi va oltre questa doppia semplificazione, quella che riduce tutto ai conti pubblici e quella che condensa la destra nella fiamma post-fascista nel simbolo di FdI, deve riconoscere che il grande problema del centrodestra al potere è un altro: l’incompetenza più assoluta. Ed è una incompetenza ascrivibile soprattutto a Giorgia Meloni.
Molti ministri si muovono sotto traccia, senza infamia e senza lode come tanti loro predecessori. Ma l’indirizzo politico del governo e le scelte di fondo sono la vera fonte di problemi.
Cento giorni cominciati con un decreto contro nemici immaginari, i temibili organizzatori di rave, proseguiti con polemiche quotidiane sui beneficiari del reddito di cittadinanza, sulla cartellonistica dei benzinai, sulle intercettazioni e culminati con la gestione del caso Cospito.
Un deputato fedelissimo della premier rivela in aula conversazioni riservate tra detenuti che gli ha passato il suo coinquilino, ex avvocato della premier quindi promosso sottosegretario alla Giustizia che ha come capo un ministro, Nordio, simbolo di quella promessa di immunità che politici e delinquenti spacciano per garantismo.
Un ministro che pare preoccupato più dall’antimafia che dalla mafia, ossessionato dalle intercettazioni e indifferente a quello che dicono gli intercettati.
Questi sono pasticci creati da Giorgia Meloni, dalle sue nomine, dalla sua mancanza di leadership in una compagine che in teoria dovrebbe dominare.
La premier, praticamente priva di ogni esperienza amministrativa, si spacciava almeno come politica di professione.
Invece, il suo governo è un disastro politico dopo l’altro, la pochezza della sua classe dirigente fa rivalutare anche i più inesperti novizi del Movimento Cinque stelle di qualche anno fa.
Si accettano già scommesse su quale batosta prenderà Fratelli d’Italia alle europee 2024. Peccato che si siano perse le tracce dell’opposizione, il contesto inizia a farsi promettente per gli avversari di questi dilettanti al potere.
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