Il procuratore della Repubblica di Roma, Francesco Lo Voi, mette un primo freno all’offensiva giudiziaria del governo Meloni contro Domani e il giornalismo indipendente. Lo Voi ha revocato il “sequestro” di un articolo pubblicato online da Domani richiesto dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon (Lega), e disposto da una pm romana, Laura Condemi. La decisione è stata notificata dai carabinieri nella redazione di Domani dopo giorni di polemiche e solidarietà, interna e internazionale. Il 3 marzo scorso gli stessi carabinieri erano arrivati in redazione per il più strano provvedimento giudiziario mai disposto contro un giornale.

Durigon aveva presentato una denuncia contro ignoti relativa a un articolo pubblicato soltanto online da Domani che parlava di un suo ex collaboratore nel sindacato Ugl condannato in primo grado per estorsione.

Di solito le querele per diffamazione presuppongono che il presunto diffamato abbia almeno letto l’articolo e dunque lo alleghi alla denuncia, con la richiesta di rivalersi sugli autori e, come previsto dalla legge, sul direttore responsabile e l’editore. Nel caso di Durigon, invece, la denuncia era contro ignoti, anche se autori e direttore ed editore erano perfettamente noti. Pare di capire che l’unica cosa ignota a Durigon fosse proprio il contenuto dell’articolo, visto che nell’edizione online era protetto da paywall. Sarebbe bastato un abbonamento per leggerlo, invece Durigon ha mobilitato il sistema giudiziario e la pm Condemi ha disposto il “sequestro”, che è consistito nello stampare l’articolo, siglare le pagine per certificare che effettivamente era proprio quello, e metterlo agli atti del fascicolo.

Il provvedimento

L’assurdità e la valenza intimidatoria di tutta la procedura hanno attirato un’attenzione che tutte le precedenti aggressioni giudiziarie a Domani non avevano ottenuto: si sono mobilitati sindacati di categoria, europarlamentari, osservatori internazionali sulla libertà di stampa, testate europee come Politico.eu, ne è stato chiesto conto alla Commissione Ue…

Il procuratore capo di Roma Lo Voi «è venuto a conoscenza del decreto di sequestro soltanto in data odierna attraverso notizie di stampa», si legge in un decreto datato 15 marzo, e subito ha ritenuto che «tale decreto di sequestro non è rispondente alle finalità di cui all’articolo 253 del codice di procedura penale che potevano essere garantite in forme diverse».

Per leggere l’articolo, cioè, bastava abbonarsi senza bisogno di sequestrarlo, il «corpo del reato» era a disposizione di tutti online. Per queste ragioni, Lo Voi ha disposto di «procedere alla revoca del suddetto sequestro». C’è un riferimento alla pm che aveva assecondato la singolare richiesta di Durigon, la dottoressa Laura Condemi che «trovasi attualmente in congedo ordinario e per le vie brevi ha espresso il suo consenso». Il decreto ordina poi l’immediata «revoca del provvedimento di sequestro».

Poiché il sequestro era così singolare, rimane soltanto il dubbio su come applicare il dissequestro, visto che non è materialmente possibile restituire alla sua entità puramente digitale l’articolo ormai stampato.

Gli altri fronti aperti

Restano però molti alti fronti aperti, dal processo ormai fissato per una denuncia di Giorgia Meloni (che non considera una raccomandazione aver segnalato un imprenditore poi diventato deputato di Fratelli d’Italia per ottenere commesse di mascherine in tempo di Covid), alle altre denunce dello stesso Durigon (che si oppone anche alle richieste di archiviazione chieste dal pm).

E poi ci sono le diffide, le minacce, le richieste di risarcimento danni in sede civile da parte di aziende e individui, la quasi quotidiana e perentoria domanda di rimuovere contenuti dall’archivio online o di rendere anonimi i protagonisti anche di vicende vecchie soltanto di un mese.

C’è da sperare che la scelta così netta del procuratore Lo Voi, che si unisce ad alcuni altri magistrati qua e là per l’Italia (per esempio di recente a Spoleto) che provano a mettere un argine all’uso intimidatorio delle querele, dia un messaggio a tutta la categoria. Poiché non è realistico che siano i politici querelanti a riformare la legge e a esporre a conseguenze penali ed economiche chi si lancia in azioni temerarie, non resta che sperare nell’integrità dei giudici.

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