- Il Garante della Privacy ha irrogato una serie di sanzioni a seguito della pubblicazione di dati sulla salute di Matteo Messina Denaro. Nell’esercizio del diritto di cronaca, la diffusione di dettagli sanitari di un individuo, anche se noto, incontra una serie di limiti
- Non assume rilievo il fatto che l’interessato non se ne sia lamentato, come pure la già avvenuta circolazione di notizie sul suo stato di salute
- L’autorità ha anche evidenziato una «assenza di sensibilità giuridica e deontologica che, invece, ci si aspetterebbe dagli operatori dell’informazione». Un monito per tutti i media
Nel gennaio scorso, eravamo stati tra i primi a lamentare la divulgazione di dati sulla salute di Matteo Messina Denaro, subito dopo il suo arresto. Avevamo rilevato come, nell’esercizio del diritto di cronaca, la diffusione di dettagli relativi alla salute di una persona, che si tratti di un efferato omicida o di un individuo incensurato, incontra una serie di limiti, previsti dalla normativa privacy e dalle regole deontologiche per l’attività giornalistica.
Puntualmente, il 18 gennaio il Garante per la protezione dei dati personali era intervenuto nei confronti di alcuni soggetti (Adnkronos, Daily Italia News, Palermo Today, La Cronaca24). In base al Codice deontologico, allegato al Codice Privacy, il giornalista deve astenersi «dal pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico», «specie nei casi di malattie gravi o terminali». La notorietà di un individuo non legittima la diffusione di suoi dati “particolari”, quali sono quelli sul suo stato di salute. La pubblicazione è ammessa solo qualora quei dati siano “essenziali”, cioè strettamente attinenti alla finalità della notizia nell’ambito della quale sono raccolti, e sempre nel rispetto della «dignità della persona».
Il Garante aveva, quindi, emesso provvedimenti di limitazione provvisoria del trattamento, riferita ad ogni ulteriore diffusione dei dati sanitari di Messina Denaro, nonché di ogni altra analoga informazione riportata in eventuali articoli pubblicati. La limitazione è un provvedimento a carattere temporaneo che, per consolidare i relativi effetti, dev’essere seguito da un ulteriore provvedimento definitivo, assunto in base a un esame del merito. E così è stato. Il 18 aprile scorso, il Garante ha adottato provvedimenti sanzionatori, recentemente pubblicati, nei confronti dei soggetti verso i quali era intervenuto nel mese di gennaio.
Motivazioni e sanzioni
Il Garante afferma innanzitutto che, «nel corso del procedimento, non sono emersi nuovi elementi tali da modificare le valutazioni preliminari già espresse». Tuttavia, l’esame dei provvedimenti sanzionatori merita attenzione per le giustificazioni presentate dai destinatari degli stessi, nonché per la valutazione che ne ha fatto l’autorità, esponendo anche principi generali in tema di informazione.
La difesa adottata si è imperniata su tre punti fondamentali, tra gli altri: nessuna lamentela è pervenuta dal soggetto interessato in merito alla diffusione di informazioni relative al suo stato di salute; indicazioni dettagliate su quest’ultima erano già state diffuse da altre agenzie e comunicati stampa; la rilevanza della notizia dell’arresto di un pluripregiudicato appartenente a cosche mafiose farebbe sì che l’informazione sui suoi dati sanitari rivesta un rilievo sociale tale da prevalere rispetto alla tutela della privacy dell’interessato.
Riguardo al primo punto, il Garante ha affermato che sono «prive di ogni valore le considerazioni circa l’assenza di lagnanze da parte dell’interessato»: ciò che assume rilevanza è la «diffusione di dati sulla salute, anche mediante la pubblicazione non autorizzata di documentazione sanitaria», diffusione che si pone «in contrasto con le basilari norme poste dall’ordinamento a tutela della dignità della persona».
Quanto al secondo punto, l’autorità ha reputato parimenti «privi di significato i riferimenti alla già avvenuta circolazione di notizie sullo stato di salute dell’interessato», aggiungendo che la pubblicazione di uno specifico referto sanitario «acquisito con modalità non precisate ha ampliato notevolmente la portata mediatica» di tali notizie, presentate «nella loro integrità ed ufficialità medica».
Il terzo punto delle argomentazioni difensive, secondo il Garante, evidenzia la mancata comprensione, da parte degli autori della pubblicazione, della «portata lesiva» della circolazione della cartella clinica di Messina Denaro.
Le sanzioni stabilite per i soggetti coinvolti hanno importi differenti (2.500 e 15mila euro). La modulazione dell’ammontare, come spiegano i diversi provvedimenti, è determinata dall’applicazione di circostanze aggravanti, quali la lesività, per la dignità e la riservatezza dell’interessato, della diffusione dei dati sulla sua salute, e la particolare natura dei dati trattati.
Nonché di circostanze attenuanti, come le finalità perseguite da chi ha effettuato la pubblicazione, riconducibili all’esercizio del diritto di cronaca e alla libertà di informazione; l’interesse della collettività alla conoscibilità della notizia; eventualmente la ridotta diffusione della notizia tramite la specifica testata; la tempestiva rimozione dell’articolo; le condizioni sul piano economico, organizzativo e professionale di chi ha operato la pubblicazione.
La sensibilità giuridica e deontologica
Un passaggio dei provvedimenti del Garante riveste una particolare importanza. Nella pubblicazione dei dati sanitari di Messina Denaro, nonché nelle giustificazioni sottostanti, l’autorità rileva una «assenza di sensibilità giuridica e deontologica che, invece, ci si aspetterebbe dagli operatori dell’informazione». Al riguardo, possono svolgersi alcune considerazioni.
È vero che la libertà di stampa (art. 21 della Costituzione) è uno dei cardini degli ordinamenti democratici e che il legislatore italiano, in attuazione della normativa europea (Regolamento 2016/679, GDPR), ha previsto che il trattamento di dati personali per finalità giornalistiche goda di un regime derogatorio alla disciplina ordinaria.
Tuttavia, la libertà di informazione non è assoluta, nonostante in alcuni casi si pretenda di interpretarla in questo modo, così come non è assoluta nessuna libertà prevista dall’ordinamento. Chi pubblica una notizia deve sempre operare un bilanciamento fra il diritto di informare e i diritti di cui è titolare chi è oggetto della notizia, quali quelli alla riservatezza e alla dignità persona.
Tale bilanciamento richiede la sensibilità giuridica e deontologica richiamata dall’autorità, cui spetta poi eventualmente valutare che esso sia avvenuto in modo corretto. Vale nel caso in esame, per i soggetti interessati, ma sembra un monito per tutti i media.
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