- L’Italia è più vanziniana del cinema dei Vanzina. La patria del cazzeggio. Della commedia all’italiana. E dei tiri mancini.
- Suárez fa il bomber per le aree di rigore comunitarie, e gioca tiri mancini. Addirittura al buon nome dell’università italiana. Sputtanandola. Quella per stranieri, per di più.
- La commedia sta per finire. Sui titoli di coda mi viene in mente la scena clou del primo Vacanze di Natale, il capostipite dei cinepanettoni. Lui dice: «Anche questo Natale ce lo siamo levati dalla palle». Una battuta tragica
L’Italia è più vanziniana del cinema dei Vanzina. La patria del cazzeggio. Della commedia all’italiana. E dei tiri mancini. Vi ricordate Luisito Suarez? Era una grande mezz’ala spagnola. Lento nei movimenti ma di prodigiosa intelligenza strategica: precisione balistica nel lancio da quaranta metri. Giocava nell’Inter dei tempi di Moratti padre, con Mazzola, Jair e Mariolino Corso, l’inventore del più mancino dei tiri, secondo il libro cult di Edmondo Berselli. «Quattro passi di rincorsa, sinistro liftato, palla che sorvola con inesorabile lentezza, portiere avversario annichilito mentre la palla si adagia beffarda in rete». La chiamavano a «foglia morta», in tempi in cui si poteva alludere all’esistenzialismo, «quasi il precipitare ineluttabile del destino». Andrea Pirlo la ricodificherà col nome bukowskiano di «maledetta». Un altro tiro mancino. Anche se Pirlo preferiva calciare di destro.
Per amor di filologia, Pirlo non si ispirava a Corso ma a Juninho Pernambucano, centrocampista brasiliano del Lione, con un nome che sembra estratto direttamente dal film Paulo Roberto Cotechiño, centravanti di sfondamento, regia di Nando Cicero, stracult di Alvaro Vitali, c’era anche Carmen Russo. Come lei anche Pirlo, tra la carriera di calciatore e quella di allenatore, si cimenta in quella di scrittore. Di scuola cartesiana. Nel suo Penso quindi gioco rivela come ha raggiunto la soluzione: «Ho fatto esperimenti per settimane, ma l’ispirazione giusta è arrivata mentre cagavo». Filippo Inzaghi gli aveva suggerito che la concentrazione massima si raggiunge in quei momenti. Bene ora un altro centravanti di sfondamento, uruguagio, si chiama sorprendentemente sempre Luis Suárez, un nome che sa di realismo magico sudamericano, si ripete e, ontologicamente, diviene marchio e nomina grandi calciatori. Centravanti dell’Uruguay, detto Il Pistolero, ora siamo dentro uno spaghetti western, fa il bomber per le aree di rigore comunitarie, e gioca tiri mancini. Addirittura al buon nome dell’università italiana. Sputtanandola. Quella per stranieri, per di più. Per il nostro buon nome nella ricerca.
Antropologicamente primitivo
Il Suárez contemporaneo era diventato famoso anche tra i non addetti per un episodio antropologicamente primitivo: avere masticato maglia e deltoide di Giorgione Chiellini, che è uno tra i pochi calciatori regolarmente laureati. Era accaduto durante Italia-Uruguay del Mondiale 2014. Mastica l’italiano, ricorre ora su Twitter. Qui la storia comincia a cortocircuitare secondo i dettami della migliore commedia all’italiana. Quella di Age e Scarpelli. Ecco la sceneggiatura. La Juventus ha bisogno di un centravanti che faccia fatica in area al servizio di Cristiano Ronaldo. Suárez è in rotta col Barcellona. Chiellini fa il beau geste e dimentica l’episodio di cannibalismo. In che lingua si saranno parlati? La Juve ha bisogno per ingaggiarlo che Suárez ottenga la cittadinanza italiana. Come nel cinema neorealista triste spunta una nonna friulana, il ruolo di solito è quello di domestica insidiata dal figlio sfaccendato datore di lavoro. La nonna è della moglie, Sofia Balbi, doppio passaporto, padre banchiere. Dallo studio legale che assiste la Juventus parte una telefonata, intercettata, all’Università per stranieri di Perugia. Suárez arriva a Perugia, sostiene l’esame B1, è promosso. Poi naturalmente c’è anche la commedia di denuncia: le intercettazioni, addirittura un’indagine di un magistrato di gran nome, Raffaele Cantone. Che cerca altro, ma per serendipity scopre che l’esame era taroccato. Il candidato raccomandato. Accordo preventivo e truffaldino sulle domande.
B1 - cert.it è un esame di lingua italiana destinato a chi sta imparando l’italiano e serve a tutti coloro che vogliono diventare cittadini italiani.
È costituito di quattro parti, da affrontare insieme, in una sola sessione: ascoltare (comprensione di testi orali). Leggere e Scrivere (comprensione di brevi testi scritti). Usi dell’italiano (comprensione degli usi dell’italiano in contesti comunicativi quotidiani e produzione di brevi e semplici testi scritti). Comunicazione faccia a faccia La prova dura 2h30 min., più 10 minuti per la prova di Comunicazione faccia a faccia.
Il certificato B1 - cert.it è utile a: chi vuole richiedere la cittadinanza italiana. Stranieri che lavorano o che vogliono lavorare in ambiente italiano. Studenti che vogliono frequentare scuole italiane. Stranieri che hanno iniziato ad avere interesse per l’italiano, l’Italia e i suoi aspetti culturali quotidiani.
Suárez che certo non è un secchione prende il minimo, un tre, nelle quattro prove. Fa un esame di cinque minuti. Selfie coi professori, a dispetto del distanziamento e, perché no, l’ipotesi di una bella laurea in scienze della comunicazione che non si nega a nessuno e fa un po’ di promozione gratis.
Con le intercettazioni torniamo alla primigenia purezza vanziniana o al filone delle professoresse della commedia sexy interpretate da Edwige Fenech, Gloria Guida e Carmen Villani. «Aho non spiccica una parola ma passerà». «Con dieci milioni di stipendio mica glielo puoi far saltà». «Ma te pare che lo bocciamo».
Non conosciamo ancora la qualità dell’italiano di Suárez, certificato B1, ma perché professori dell’Università di Perugia parlano come Bombolo in W la foca? La commedia sta per finire. Sui titoli di coda mi viene in mente la scena clou del primo Vacanze di Natale, il capostipite dei cinepanettoni. Una scena memorabile. Nel salotto di Cortina i signori scartano con foga coatta i regali di Natale impacchettati in lussuosi shopper, mentre i domestici, filippini, li guardano. Schifati. Esterrefatti. E lui dice: «Anche questo Natale ce lo siamo levati dalla palle». Una battuta tragica. Come nella buona commedia e in questa storia. Che penseranno i ragazzi nati in Italia cui neghiamo lo ius soli o i ricercatori italiani umiliati dal precariato? Cosa ci aspetta?
Niente paura. Vacanze di Natale a Weimar. Sotto il cielo di Montevideo. La professoressa di lingua di Perugia.
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