Anche in Europa occidentale le libertà fondamentali sono a rischio. Le nuove destre nazionaliste, dove governano, stanno gradualmente erodendo lo stato di diritto e, con esso, quel sistema di pesi e contrappesi che è il fondamento di ogni vera democrazia. A partire dall’Italia.
Lo scrive il quinto rapporto annuale sullo stato di diritto nell’Unione europea, preparato da Liberties, una rete di ong che si battono per le libertà civili in Europa, pubblicato pochi giorni fa.
«L’Italia e la Svezia, dove formazioni di estrema destra sono salite al potere, mostrano come anche i paesi con democrazie consolidate non solo immuni al decadimento dello stato di diritto». È un autoritarismo che si fa strada lentamente, colpo su colpo, ogniqualvolta se ne presenti l’occasione.
In Italia la repressione violenta della libertà di manifestare è un passo in questa direzione, fermato per ora anche grazie all’intervento del presidente della Repubblica. L’attacco alla stampa libera, da parte della stessa presidente del Consiglio, o l’intimidazione dei giornalisti indipendenti attraverso querele senza fondamento, sono un altro esempio.
Peraltro il rapporto di Liberties è uscito prima che si potesse mettere in conto l’ultimo, grave episodio: l’utilizzo del governo nazionale, del suo potere, per mandare in crisi le amministrazioni guidate dall’opposizione, con motivi del tutto pretestuosi.
Questo è quello che sta succedendo a Bari, la terza città del sud Italia. Ma è quello che avviene in maniera più subdola, meno plateale, anche con altre amministrazioni, in tutta Italia, cui il governo sta negando i fondi già impegnati semplicemente perché di un diverso colore politico (è il caso di Bologna, o dell’Emilia-Romagna); mentre promette risorse alle amministrazioni amiche, in Abruzzo, nel pieno della campagna elettorale.
Modelli mai rinnegati
Questi fatti non possono essere sottovalutati, derubricandoli a singoli episodi. Dobbiamo invece guardare alla strategia messa in campo negli anni da Viktor Orbán in Ungheria, a quello che hanno fatto gli alleati di Meloni in Polonia, a quello che ha fatto anche Vladimir Putin in Russia, per decenni, progressivamente, quello stesso Putin cui Meloni guardava con favore prima dell’invasione dell’Ucraina, complimentandosi con lui quando «vinceva» le elezioni ancora nel 2018 (elezioni non libere, già allora, come non lo sono state adesso); o a quello che hanno provato a fare Donald Trump e Benjamin Netanyahu.
Sono o sono stati, tutti loro, modelli dichiarati per Giorgia Meloni; mai rinnegati (e attenzione a confondere la sua più recente condanna dell’aggressione russa con la questione delle libertà fondamentali: non c’entra nulla).
L’obiettivo di queste destre è arrivare a una situazione in cui le elezioni sono fondamentalmente una finzione, un simulacro di democrazia: perché la libertà di stampa, di manifestare, di opinione è seriamente compromessa; e perché il potere giudiziario è asservito al governo e persegue gli avversari politici. Esattamente come avviene nella Russia di Putin e, in forma più o meno attenuata, negli altri paesi presi a modello da Meloni. Non è il fascismo del secolo scorso, è qualcosa di diverso: una democrazia autoritaria, cioè finta. O la «democrazia illiberale», come la chiama con orgoglio l’alleato e amico Orbán.
Il premierato
Da noi, peraltro, non si può ignorare che questa erosione graduale dello stato di diritto si accompagna a un progetto di riforma costituzionale, con l’elezione diretta del premier, che vedrebbe in sostanza saltare la principale funzione di garanzia nel nostro paese, quella del presidente della Repubblica.
Su questi fatti e su questi legami dovrebbero riflettere, oggi, soprattutto quanti si dichiarano liberali: molti di loro hanno mostrato in questi anni una notevole condiscendenza verso Meloni e in parte ne hanno anche favorito la vittoria. Ma continuare a sottovalutare le idee della premier e quello che questa destra è capace di fare rischia di rivelarsi un errore fatale, per tutti noi. Simile, con le debite differenze, a quello che le stesse classi dirigenti liberali commisero cent’anni fa, di fronte al fascismo.
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