I legami finanziari emersi tra i neofascisti e Pro Vita spiegano anche molto della interdipendenza politica e ideologica, da inquadrarsi nel più ampio fenomeno delle “democrazie esecutive”
Sempre più vivido emerge l’intreccio tra la costellazione della destra politica e l’attivismo “neo-cattolico”, secondo l’espressione dello scienziato politico Massimo Prearo.
Le transazioni finanziarie tra Pro Vita & Famiglia e Forza Nuova, rilevate dall’inchiesta di Simone Alliva e Stefano Vergine, danno ulteriore visibilità a un legame che non si fonda su una convergenza puramente occasionale di interessi economici. Si tratta piuttosto di un’interdipendenza politica e ideologica, da inquadrarsi nel più ampio fenomeno delle “democrazie esecutive”, vale a dire quei sistemi di governo che rimettono al centro l’attività di indirizzo politico del potere esecutivo.
Nel tentativo di consolidare il proprio sostegno pubblico, il caposcuola delle democrazie esecutive Viktor Orbán ha cercato sin da subito di rafforzare le proprie relazioni con i gruppi religiosi ungheresi, in particolare con la Chiesa cattolica e la Chiesa riformata calvinista.
Su questa scia, si registra negli ultimi due decenni una rinnovata integrazione delle idee della destra cristiana nelle piattaforme ideologiche del governo in paesi come la Slovacchia e l’Austria. Ma persino in Germania, dove il legame storico tra le destre e le confessioni cristiane è problematico da sempre, emerge oggi una nuova pericolosa affinità.
Il teologo evangelico Rudi Pahnke, un tempo animatore della dissidenza nella Ddr, ritiene che la visione del mondo propugnata oggi dalla destra politica restituisca alla popolazione un senso di stabilità grazie a un orientamento morale fittizio, che si nutre di valori mutuati da altri contesti. È così che l’associazionismo d’ispirazione cattolica e cristiana finisce col fare da fucina per quel complesso di valori che la destra politica non ha né l’energia né le risorse per prodursi da sé.
In particolare, la destra confessionale si fa motrice di un’utile polarizzazione sociale, cioè lo scontro polemico e aspro tra gruppi “pro” e gruppi “contro”: pro e contro la vita del feto, pro e contro il suicidio assistito, pro e contro l’educazione affettiva a scuola che nasconderebbe l’indottrinamento gender, e così via.
Si badi: non un normale dissenso sui valori, bensì una lotta esistenziale e mobilitante tra chi difende la vita e chi promuove ideologie mortifere.
Tutto ciò spiega perché le democrazie esecutive non possano che essere illiberali. Il liberalismo come visione della politica e del governo si impianta su tre cardini: l’equilibrio tra organi dello stato, la preminenza normativa dei diritti individuali e la neutralità rispetto alle diverse visioni della morale e della vita diffuse tra la cittadinanza.
Le democrazie esecutive smontano il liberalismo cardine dopo cardine. In primo luogo, il potere di indirizzo politico si profila quale potere a sé stante, un quarto potere, preordinato agli altri tre perché capace di indicare i fini fondamentali dello stato.
In secondo luogo, in nome dell’unità e della coesione nazionale, i diritti individuali vengono intesi come subordinati al raggiungimento di detti fini fondamentali. Sicché, ad esempio, la gestazione per altri viene affrescata come male morale, corruzione dell’umanità, immondo tentativo di soppressione simbolica della donna nella perpetuazione della specie.
Lo sradicamento del terzo cardine del liberalismo, infine, deriva direttamente da quanto detto sin qui: le democrazie esecutive non possono permettersi di essere neutrali rispetto alle diverse visioni della vita e della morale. Il governo della destra illiberale deve dimostrarsi capace di imprimere allo stato un indirizzo politico che è soprattutto un indirizzo morale: deve formare l’individuo, trasmettergli valori, fargli quindi interiorizzare l’idea che egli/ella è quel che è solo entro il più ampio orizzonte della comunità di destino. A tal fine, i governi illiberali non possono che contare sulle risorse sociali dell’attivismo neo-cristiano e neo-cattolico.
Beninteso: nulla di quanto descritto fin qui, di per sé, costituisce un che di illegale. Una forza politica, in virtù della sua capacità di ottenere la maggioranza dei voti, può legittimamente tentare, con i mezzi predisposti dalla Costituzione, di privilegiare la propria visione della politica.
Si rischia però oggi di dimenticare che allo stato spetta altresì il compito costituzionale di tutelare la pluralità delle visioni, laddove l’odierna “eticizzazione” della politica, all’opposto, fa del dissenso valoriale una nichilistica corruzione delle tradizioni, un infiacchimento dell’unità nazionale; detto altrimenti, un virus pubblico da debellare.
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