A dimostrare che tra il neofascista Roberto Fiore e il capo del movimento Pro Vita, Toni Brandi, esiste una relazione finanziaria solida e prolungata c’è un altro affare immobiliare, oltre ai quattro già svelati da Domani (dopo la pubblicazione dell’inchiesta, deputati del Pd e di Avs hanno fatto interrogazioni al governo sui legami tra la onlus e i neofascisti). Un’operazione immobiliare che ha permesso al leader di Forza Nuova di incassare in un colpo solo mezzo milione di euro.

Abbiamo raccontato che nel 2012, mentre Pro Vita veniva costituita, Brandi ha dato in tutto 160mila euro a Fiore per comprare quattro suoi immobili a Bari, Latina, Padova e Treviso. Acquisti effettuati «nell’ottica di un investimento immobiliare» di tipo personale, ci ha assicurato il presidente di Pro Vita, che ha ribadito l’inesistenza di alcun «legame tra l’Associazione Pro Vita & Famiglia e alcun partito politico, tantomeno con Forza Nuova».

I quattro negozi sono stati però comprati da Brandi con modalità particolari: pagando in alcuni casi da un conto della banca svizzera Ubs, con anni di anticipo rispetto al rogito e dunque al passaggio effettivo di proprietà. Due stranezze che si aggiungono a un’altra: dopo che Brandi li ha acquistati, alcuni immobili sono rimasti nelle disponibilità di Forza Nuova, che li ha usati come sedi del partito.

Sull’asse Fiore-Brandi c’è anche un altro affare immobiliare che abbiamo ricostruito. Avviene a Roma, in Via Cadlolo. Anche in questo caso l’affare lo fa Fiore, mentre il capo di Pro Vita ci perde un sacco di soldi. Questo almeno è quello che emerge dagli atti di compravendita letti da Domani.

Crocevia nero

È il 12 ottobre del 2009 quando Fiore e la moglie vendono a Brandi e alla di lui consorte un appartamento. Una casa da 93 metri quadri. Incassano 500mila euro, che i Brandi saldano quasi interamente al momento. Nonostante il passaggio di proprietà, l’immobile resta, però, sede di Forza Nuova, residenza di Fiore e della sua unica società italiana, la Immobiliare Brighton. Va avanti tutto così fino al 26 giugno del 2018, nove anni dopo, quando il presidente di Pro Vita decide di vendere la casa di via Cadlolo a poco più della metà di quanto l’aveva pagata, appena 320mila euro.

Brandi ha dunque registrato una minusvalenza di 180mila euro. Senza considerare il fatto che per nove anni Fiore ha continuato a poter disporre della casa per sé e per il suo partito. Quanto pagava d’affitto Forza Nuova? A questa e a tutte le altre domande inviate, Fiore non ha risposto, mentre Brandi si è limitato a comunicarci che tra lui e il partito «sussisteva un regolare rapporto di locazione».

Tirando le somme, con gli acquisti immobiliari avvenuti tra il 2009 e il 2012 Brandi ha dato a Fiore 660mila euro. Oltre ad aver incassato tutti questi soldi, in parte provenienti dalla Svizzera, il politico ha potuto continuare a usare gli immobili come sedi di Forza Nuova.

Brandi si presenta come manager del settore turistico. Da anni è residente a Praga. Come ha ricostruito Irpimedia nel 2019, Brandi è collegato a una decina di società in giro per il mondo. La più importante è appunto il gruppo Gts Alive, specializzato nei viaggi d’affari e nell’accoglienza degli studenti. Al vertice della catena di controllo del gruppo c’è una holding svizzera, registrata a Zurigo nel 2009.

Che ruolo ha Brandi? Anche a questa domanda il manager e presidente di Pro Vita non ha risposto, mentre sui primi contatti con Fiore si è limitato a dire di conoscere «la famiglia Fiore da moltissimi anni». Ma anche il capo di Forza Nuova, protagonista dell’assalto fascista alla Cgil, ha trascorso all’estero buona parte della sua vita.

L’impero del camerata

Nel settembre del 1980, a 21 anni, scappa a Londra. È passato solo un mese dalla strage alla stazione di Bologna. Le sentenze finora hanno individuato come responsabili Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (condannati in via definitiva), Paolo Bellini (secondo grado) e Gilberto Cavallini (secondo grado). Tutti estremisti dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar), Avanguardia nazionale e Terza Posizione.

Fiore è stato inizialmente ricercato dalle autorità insieme ad altri esponenti di Terza posizione, la sigla di estrema destra di cui era leader. In seguito è stato prosciolto da ogni accusa per l’attentato di Bologna, mentre è stato condannato per banda armata e associazione sovversiva come capo di Terza posizione. Avrebbe dovuto scontare cinque anni e mezzo di reclusione in Italia. Non ne ha scontato nessuno: nel 1999 è tornato in Italia da uomo libero grazie alla prescrizione. Di recente è stato invece processato per l’assalto squadrista alla Cgil durante la pandemia.

In Inghilterra Fiore si è costruito una fortuna nello stesso settore in cui opera Brandi: l’accoglienza turistica degli studenti. Come ha potuto, un giovanissimo neofascista inseguito da un mandato di cattura, diventare così ricco in poco tempo all’estero? Lui ha spiegato che è stato merito del duro lavoro e dell’aiuto di Dio. Ma c’è anche un’altra versione.

La riassume Davide Conti, storico e consulente della procura di Bologna nell’inchiesta sulla strage: «Nel corso dei processi per la strage di Bologna, Fiore viene accusato da Mambro e Fioravanti di essersi sostenuto la latitanza grazie alla cassa di Terza posizione, che era formata dai proventi delle rapine dei nuclei operativi di Terza posizione. Mambro e Fioravanti sentono la necessità di indicare quella come la pista per l’individuazione della prima fortuna di Fiore perché all’interno di quei nuclei operativi realizzarono delle rapine anche elementi dei Nar, Fioravanti in primis».

Oltre agli affari immobiliari, Domani ha scoperto un altro collegamento tra Pro Vita e Forza Nuova. C’è infatti un trust, collegato a Fiore, da cui Pro Vita ha ricevuto qualche donazione negli ultimi anni. Il trust si chiama Saint Michael the Archangel. Dalla metà degli anni Novanta nelle casse di questo e di un altro trust sono transitate centinaia di migliaia di sterline. Soldi entrati come donazioni anonime e finiti spesso, sotto forma di finanziamenti caritatevoli, a società italiane possedute dalla famiglia del segretario di Forza Nuova o da suoi soci. Oltre a questo giro di denaro, però, ora ne emerge un altro.

Tra il 2013 e il 2014, il trust dedicato a San Michele Arcangelo ha donato 430 sterline a Pro Vita per pubblicare un magazine cattolico pro-vita, si legge nel bilancio. L’anno seguente, con la stessa motivazione, il trust ha regalato alla onlus 730 sterline. A colpire non è l’entità dei bonifici, minuscola, ma il fatto che a gestire il trust (come fiduciario) in quegli anni ci fosse Beniamino Iannace, candidato di Forza Nuova, socio in affari di Fiore e iniziale editore del mensile “Notizie Pro Vita”. Un altro indizio del legame che fin dalla sua nascita collega la onlus ultracattolica che piace al governo Meloni al modo più nero del neofascismo.

«Il governo non può voltarsi dall’altra parte anche stavolta», è intervenuto con una nota Alessandro Zan, responsabile Diritti del Pd: «Questo intreccio tra l’estrema destra e una realtà vicina al governo Meloni è scandaloso e non può essere ignorato». Allo stesso modo, Angelo Bonelli di Alleanza verdi sinistra ha presentato un’interrogazione parlamentare: «Alla luce di queste rivelazioni pubblicate da Domani, chiedo che il governo faccia piena luce sui rapporti con l’associazione Pro Vita». (2.continua)

© Riproduzione riservata