Tradizionalmente il potere costituito non ama i controlli, un’intrusione che, ci dicono, fa perdere tempo (non disturbare il conducente). Le comunità politiche hanno impiegato secoli a stabilire forme di limitazione del potere; e in alcuni casi hanno dovuto tagliare la testa ai re. Non perché volessero l’anarchia, ma perché non volevano piú subire il potere di giudicare e di reprimere che il sovrano usava arbitrariamente per indurre paura e sottomissione.

La prima rivoluzione della modernità, quella inglese, si diede due obiettivi: limitare il potere di chi governa e rappresentare gli interessi dei governati. Monarchia costituzionale e potere legislativo di un parlamento eletto. Da quel momento, tutte le rivoluzioni politiche sono partite dalla rivendicazione dei diritti di libertà.

Successivamente, le assemblee elette hanno ricalcato le orme dei monarchi e altre garanzie si sono rese necessarie per prevenire la tirannia della maggioranza, per esempio col bicameralismo, la costituzionalizzazione della divisione dei poteri politici (esecutivo e legislativo) e l’indipendenza della giustizia.

Si legge nello Spirito delle leggi di Montesquieu che «negli Stati dispotici, il principe può fungere egli stesso da giudice» mentre negli stati repubblicani «è nella natura stessa della costituzione che i giudici seguano la lettera della legge» non il volere di chi governa. Due condizioni che ci allertano sul rischio di una traiettoria “dispotica” nel nostro paese.

Politicizzare i giudici

Le esternazioni di Giorgia Meloni e di Carlo Nordio a proposito della sentenza dei giudici del tribunale di Roma, che ha annullato il trattenimento di 12 persone nei Cpr in Albania, indicano senza tanti giri di parole il tipo di regime che ispira il nostro governo.

In un social, Meloni ha riportato parte di un post del sostituto procuratore della Cassazione, Marco Patarnello, decurtando il testo così da mutarne il significato e usarlo a suo vantaggio. Una forma di manipolazione per scopi propagandistici, tra i quali questo: gettare nella mischia politica i giudici, inducendoli a prendere posizione pro o contro quel magistrato, ottenendo, insomma, quel che Meloni vuole, politicizzare i giudici.

Il ministro della Giustizia Nordio completa il progetto addirittura giudicando la decisione dei giudici romani («aberrante») e nascondendo ai cittadini quel che egli sa: che i giudici hanno applicato una normativa europea (che subordina decisioni di espulsione dei migranti alla caratteristica del paese di provenienza, per cui non è concesso a nessun stato membro della Ue di rimpatriarli se vegono da paesi che violano i diritti umani).

Nordio sa bene che questa è la procedura. E la presidente del Consiglio avrebbe dovuto sapere che la messa in atto del suo piano albanese doveva tener conto delle normative europee, che sono leggi italiane a tutti gli effetti. È evidente che il governo sta facendo campagna elettorale (tra l’altro si vota a breve in Liguria). Ma oltre a ciò, aspira a preparare il terreno per assestare il colpo decisivo al governo della legge e alla divisione dei poteri.

Appello a liberali e moderati

Questo scenario grave per le sorti delle libertà nel nostro paese si completa con la situazione, questa sì aberrante, per cui i giudici di Palermo nel processo che vede imputato Matteo Salvini per la denuncia mossagli da Open arms sono sotto scorta, per i rischi alla loro incolumità causati alla mobilitazione della Lega contro di loro. La polizia di stato protegge i magistrati non contro criminali e organizzazioni mafiose, ma contro un partito di governo, quello del vicepresidente del Consiglio. Questa è la fotografia della nostra Italia.

I liberali e i moderati sono stati fin qui benevoli con l’esecutivo, e anche disposti a sostenerne le proposte di riforma costituzionale e della giustizia. A loro oggi spetta una grande responsabilità: quella di essere coerenti ai principi liberali che professano. Di essere moderati come il costituzionalismo liberale vuole essere.

Stanno con Robert Filmer o con Montesquieu, con chi difende le prerogative del sovrano assoluto o invece i diritti di libertà contro la pretesa di assolutezza di chi governa? Non si tratta di una gara di conoscenza. Ma di coerenza – qui e ora – coi principi liberali professati.

L’Italia si trova a un bivio, ed è un dovere civile di chi opera nella politica e nell’opinione pubblica essere consapevole della posta in gioco. Non per difendere un Sacro Graal del passato, ma per difendere – qui e ora – le nostre libertà. L’opposizione parlamentare (essa stessa a tratti inefficace e non pienamente consapevole del ruolo fondamentale che ricopre) non può da sola fare quello che la sfera pubblica di una democrazia ha anche l’onere e il dovere di fare: proteggere il governo della legge e le libertà.

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