Nella chiesa cattolica è scoppiato il caso Martin Lintner. Costui è un sacerdote professore di teologia morale presso lo Studio teologico accademico di Bressanone, un’istituzione di cui avrebbe dovuto diventare preside facendo seguito all’indicazione del collegio dei docenti e con l’approvazione del vescovo di Bolzano.

La nomina è stata annullata in ragione del mancato nulla osta vaticano (necessario per ogni atto di questo tipo). Il Dicastero per la cultura e l’educazione si è infatti opposto all’affidamento a Lintner di quell’incarico in ragione dei contenuti delle sue pubblicazioni sulle questioni di morale sessuale. La decisione ha provocato la reazione di alcuni teologi italiani che hanno espresso una vibrata protesta all’indirizzo di Roma.

Nel merito non si sa di più. Cos’abbia detto o scritto Lintner, un teologo tutto fuorché radicale ex presidente della Società europea di teologia, per meritarsi una sanzione così grave non è dato di sapere. In casi come questo la chiesa procede facendo ricorso al vecchio stile inquisitoriale di non dare pubblicità delle ragioni delle sue decisioni. Lintner è stato bocciato e basta. Potrà continuare a insegnare ma non sarà il capo di quell’importante centro di ricerca.

Le colpe non dette

La vicenda mi suggerisce tre considerazioni. La prima è la più contingente e riguarda il rapporto tra il Vaticano e la Germania. Bressanone è in Italia, ma Lintner è un teologo di lingua tedesca ed è proprio dalla Germania che sono venuti negli ultimi anni gli attacchi più decisi all’impianto organizzativo e politico della Chiesa Cattolica: sulle donne, sugli omosessuali, sul rapporto tra Roma e le periferie. La frustata inflitta a Littner potrebbe rappresentare da questo punto di vista una punizione esemplare, un avvertimento minaccioso rivolto all’intera chiesa tedesca, che ha infatti reagito sdegnata esprimendo immediata e corale solidarietà allo studioso.

La seconda considerazione riguarda la motivazione della sanzione. Per quanto i dettagli rimangano avvolti nel mistero si è capito che le colpe di Lintner riguardano la morale sessuale e probabilmente la questione della benedizione delle coppie gay. Insomma ancora una volta la gerarchia cattolica mette al centro di un intervento d’autorità il sesso.

Non la mancata solidarietà verso i poveri, l’assenza di spirito di carità, la passione per il denaro, l'indifferenza verso la pace, ma il sesso, il perno su cui tutto l’edificio ecclesiale continua, di pontefice in pontefice, miracolosamente a reggersi. L’anima del cattolicesimo organizzato e istituzionale poggia su questo e in particolare sulla stigmatizzazione ipocrita dell’omosessualità. Negarlo significa negare la realtà.

Fonte della sovranità

La terza considerazione riguarda lo statuto organizzativo della chiesa cattolica, diciamo la sua forma di governo. Proprio nel momento in cui in tanti, dentro ma anche fuori dalla chiesa, celebrano l’avvento di una cultura sinodale orientata a favorire decisioni collegiali e condivise la decisione sul caso Lintner ci ricorda ancora una volta come funziona nei fatti la Chiesa cattolica.

La carriera del teologo di Bressanone è stata improvvisamente interrotta da una decisione unilaterale presa dai vertici dell’istituzione senza nemmeno addurre una motivazione valida, senza neppure allegare un brano incriminato, un passaggio eretico, una dichiarazione avventata. L’intenzione è quella di ribadire la fonte della sovranità e insieme umiliare chi ha subito quel provvedimento costringendolo per giunta, al pari del suo vescovo, ad un silenzio obbediente e rassegnato.

L’effetto è anche quello di limitare la libertà di ricerca e intimidire altri eventuali trasgressori del catechismo e della dottrina. Quello che è successo a Lintner potrebbe succedere d’ora in poi a chiunque, cominciando dai coautori di tante sue opere, da quelli che hanno scritto con lui. Prima di parlare liberamente di morale sessuale i teologi (costretti almeno in Italia a una totale dipendenza dall’istituzione), ne siamo certi, ci penseranno una volta in più.

Il ruolo di Francesco

In conclusione, non possiamo non ricordare che su tutta la vicenda aleggia il fantasma del pontefice. Gli interrogativi di molta stampa e dei fedeli sono sempre gli stessi: ha saputo o è stato tenuto all’oscuro? È complice o vittima? Sono gli stessi interrogativi che si sono sempre posti le masse nella storia quando venivano sterminate da qualche emissario del loro monarca.

Sarà stato davvero il re a dare l’ordine o il nostro sovrano buono e saggio è stato ingannato da qualche perfido cortigiano? La seconda possibilità, quella che prevede il raggiro dei cortigiani, è romanzesca, improbabile e anche vagamente ridicola. Se fosse autentica però dovrebbe spingere un regnante ridotto alla totale impotenza ad accettare le conseguenze di questa situazione e a farsi al più presto da parte. Prima che sia troppo tardi.

 

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