- Gli obiettivi di giustizia politica e sociale scritti nella costituzione – diritto al lavoro, retribuzioni adeguate, democrazia economica, partecipazione politica – sono ambiziosi.
- La destra li avversa, e per tre decenni sono stati largamente trascurati. Ciò contribuisce a spiegare lo scontento e la sfiducia politica che osserviamo.
- Tradurre quegli obiettivi in una visione credibile, calata nel mondo della digitalizzazione e della globalizzazione, pare una strategia politica efficace. Il Pd può tentarla o lasciarla ad altri.
Rimuovere gli «ostacoli di ordine economico e sociale» che limitano «di fatto» la «libertà» dei cittadini e impediscono la «partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale» dell’Italia. Rendere effettivo «il diritto al lavoro». Garantire retribuzioni sufficienti ad assicurare una vita «libera e dignitosa».
Sono parole della costituzione. Obiettivi che essa assegna alla Repubblica.
Tra il dopoguerra e la fine del secolo il progresso nella loro realizzazione fu ammirevole, poi rallentò. La destra tende ad avversarli. Preferisce rimuovere gli ostacoli all’evasione fiscale, come suggerisce questa manovra di bilancio.
Protestare invocando il testo della costituzione è vano. Quelle parole, potenzialmente decisive, non hanno efficacia se non dentro una visione politica che le cali nel mondo contemporaneo, le reinterpreti alla luce della rivoluzione digitale e della globalizzazione, e le traduca in scale di priorità, scelte di campo e programmi di azione pubblica.
Solo una simile visione può trasformare quelle parole in un discorso comprensibile ai molti, capace di volgere lo scontento e la sfiducia dei ceti medi e vulnerabili in aspirazioni realistiche a un futuro migliore.
L’alternativa
È difficile immaginare che la demagogia nazionalista o xenofoba avrebbe il successo che osserviamo se la società muovesse verso la realizzazione di quegli obiettivi.
Anche nella nostra attuale condizione di stagnazione economica, se il progresso verso quegli obiettivi fosse percepibile l’astensione non sarebbe crollata dall’87,3 del 1992 al 63,8 per cento del 2022.
E non è forse un caso che l’abbandono di quegli obiettivi abbia coinciso col rallentamento della crescita, sia perché lo spazio fiscale si restringeva sia perché spingere la loro realizzazione avrebbe incentivato le imprese a puntare maggiormente sulla produttività e l’innovazione.
Una visione che renda credibili quegli obiettivi potrebbe catalizzare una coalizione sociale capace di battere la destra, reggere il governo e gradualmente invertire il declino dell’Italia in rilancio. Il Pd può tentare questa strada o lasciarla ad altri.
Il dibattito sui valori
Un luogo per discuterne è il dibattito sui valori di quel partito, che per fortuna pare acceso. Sottolineerei un punto: la concezione della libertà. Quella più diffusa, che riceviamo dalla tradizione liberale, intende la libertà come assenza di interferenze nelle scelte individuali.
Le leggi e l’azione pubblica la comprimono, perché impongono decisioni collettive sulle scelte individuali.
Quindi la concezione liberale tende a limitare il perseguimento di quegli obiettivi in difesa della libertà dei singoli.
Ma anche quegli obiettivi mirano alla libertà individuale. Gli «ostacoli di ordine economico e sociale» che occorre rimuovere sono quelli che limitano «di fatto» la «libertà»; le retribuzioni devono garantire una vita «libera».
Qui si può leggere una diversa concezione della libertà, che la intende come assenza di soggezione al potere economico o sociale altrui. È la concezione repubblicana.
È una concezione coerente (è libero chi non è dominato da terzi), attraente (chi è dominato tende a essere sfruttato), e capace di contendere alla destra e ai conservatori la loro più efficace arma retorica: la libertà.
Non dico che la costituzione imponga questa concezione: le mie citazioni sono selettive. Dico che questa è una legittima e plausibile interpretazione partigiana della costituzione, che può battersi con altre nel conflitto politico e prevalere.
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