- Con la globalizzazione abbiamo vissuto anni di forte integrazione internazionale sia sul piano commerciale che su quello della tecnologia, della ricerca, nonché del movimento delle persone che a milioni sono uscite dalla povertà assoluta.
- Lasciata a sé stessa, la globalizzazione ha anche prodotto disagi: bisognerebbe correggerla e invece si assiste a una frammentazione del mondo in blocchi separati e spesso contrapposti.
- Ormai l’obiettivo della sicurezza ha sostituito quello della crescita e del benessere, la competizione tra blocchi e paesi ha sostituito la collaborazione per il progresso.
Con la globalizzazione abbiamo vissuto anni di forte integrazione internazionale sia sul piano commerciale che su quello della tecnologia, della ricerca, nonché del movimento delle persone che a milioni sono uscite dalla povertà assoluta.
Lasciata a sé stessa, la globalizzazione ha anche prodotto disagi: bisognerebbe correggerla e invece si assiste a una frammentazione del mondo in blocchi separati e spesso contrapposti.
Ormai l’obiettivo della sicurezza ha sostituito quello della crescita e del benessere, la competizione tra blocchi e paesi ha sostituito la collaborazione per il progresso.
Biden come Trump
L’America di Joe Biden ha sancito questa tendenza promuovendo il decoupling tecnologico, ossia la separazione netta in campo tecnologico nei confronti dei blocchi considerati ostili (Russia, Cina e loro alleati), vietando commerci e collaborazioni per non trasferire i progressi scientifici conseguiti nel proprio blocco di nazioni.
In questo Biden ha seguito e ampliato quanto iniziato da Donald Trump, segno che tale scelta prescinde dal colore delle amministrazioni e risponde alle esigenze dello stato profondo (deep state) che regola la politica internazionale negli Stati Uniti.
La Cina di Xi Jinping, col congresso del Partito comunista cinese, ha ribadito la volontà di puntare alla supremazia tecnologica, investendo somme rilevanti per tentare di sostituire le importazioni tecnologiche provenienti dai paesi occidentali, con produzioni proprie che ancora i cinesi non sono capaci di realizzare.
Questa frammentazione è segno della perdita di fiducia, non solo tra blocchi di paesi, ma anche nei propri sistemi di governo.
O regimi democratici non credono più alla superiorità del loro modello e temono di essere scavalcati dai regimi autoritari.
Il vantaggio della libertà
Eppure, l’attuale supremazia tecnologica del mondo democratico è frutto anche e soprattutto delle libertà implicite nei nostri sistemi. Infatti, l’innovazione tecnologica prospera essenzialmente nei regimi liberi, perché essa è eversiva e rivoluzionaria: per realizzarsi, deve trasgredire convinzioni, usanze, gerarchie e interessi consolidati.
Le vere innovazioni rendono obsoleti molti sistemi produttivi e commerciali, e rovesciano molte convenienze e gerarchie di potere e pertanto sono spesso osteggiate dagli interessi costituiti.
Più il paese è libero e flessibile e più aperto è il campo di applicazione delle innovazioni che riescono a manifestarsi liberamente.
Questo è il grande vantaggio che hanno gli Stati Uniti e il mondo libero rispetto ai regimi autoritari, dove gli interessi costituiti sono troppo solidi e immutabili per lasciar emergere innovazioni rivoluzionarie.
Questi paesi sono capaci di imitare e di sviluppare tecnologie già consolidate, ma difficilmente riescono a produrre innovazioni reali.
Con la globalizzazione, la Cina ha fatto passi giganteschi nel recupero di una forte distanza rispetto agli Stati Uniti, ma finora non ha prodotto nessuna reale innovazione.
Malgrado il balzo degli ultimi venti anni, la Cina, con più di quattro volte la popolazione degli Stati Uniti, ha un Pil pari a due terzi di quello americano e un reddito pro-capite che è il 15 per cento di quello americano.
Difficile immaginare che possa guidare il processo di innovazione tecnologica.
C’è poi da domandarsi se il decoupling sia più efficace dell’integrazione nel condizionare le scelte dei governi.
Se i paesi sono integrati, ognuno dipende dall’altro per forniture rilevanti che, se bloccate, possono generare forti disagi.
Il paese più avanti tecnologicamente ha il vantaggio di poter condizionare gli altri.
Lo si è visto con la Russia e anche con la Cina che iniziano ad avere problemi non trascurabili, come noi ne abbiamo per l’energia.
Una volta che i blocchi fossero separati ed avessero sviluppato tecnologie indipendenti, il condizionamento reciproco sarebbe fortemente allentato e il rischio di tensioni politiche e militari ne sarebbe accresciuto.
Se ne deve dedurre che il decoupling tecnologico non sia la soluzione migliore ai problemi attuali.
Purtroppo, le tensioni tra i blocchi sono andate molto avanti e sarà difficile fermarle e tornare indietro per ritrovare forme di integrazione di collaborazione scientifica e tecnologica internazionale.
In queste condizioni, il progresso tecnologico subirà un rallentamento, così come la crescita del benessere di molte popolazioni, aumenteranno le pressioni inflazionistiche e si allontaneranno gli obiettivi di salvaguardia ambientale del pianeta.
Anche questo sarà un costo che dobbiamo mettere in capo alla frammentazione del mondo che le politiche attuali stanno favorendo.
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