Mentre il mondo va verso una direzione precisa, e cioè quella della semplificazione e della digitalizzazione dei pagamenti, Giorgia Meloni ha deciso di dichiarare la guerra al pos per una sorta di vicinanza emotiva ai tanti, tantissimi italiani che conservano mazzette di denaro nelle intercapedini tra le mura di cucina e salotto, suppongo.
Anzi no, in un video sulla sua pagina Facebook, Giorgia Meloni spiega che lei tifa per i pagamenti in contanti perché «un’impresa che ha fatto uno studio dice che l’evasione è stata più bassa nel 2010, anno in cui il tetto per l’uso del contante era di 5000 euro».
A parte quel passaggio su «un’impresa che ha fatto uno studio», versione raffinata di “mio cugino mi ha detto”, verrebbe da spiegarle che forse quello è l’anno in cui l’evasione è stata più bassa proprio perché più si usano i contanti, più è difficile stanare gli evasori.
Va sottolineato un altro passaggio favoloso del suo video, ovvero quello in cui spiega che chi ha contanti da spendere a questo punto preferirà andare in un altro paese, perché in Italia non si può fare.
Non fa una piega. Io ho 1000 euro in contanti da spendere ma non voglio pagare commissioni e quindi non li metto in banca, ma spendo 500 euro di aereo per andarli a spendere che so, in Germania. Ma chi sono, secondo Giorgia Meloni, tutti questi italiani con le piscine piene di monetine e banconote come Paperon de’ Paperoni?
«Per esempio persone a cui un amico ha restituito un prestito», chiarisce sempre nel video. Come no. Il paese pullula di gente a cui vengono restituiti prestiti in contanti e, più in generale, a cui vengono restituiti prestiti. E ancora “Più abbasso il tetto dei contanti e più la gente tenderà a spendere contanti in nero”.
Sì, potrà spendere in nero perché i pos, appunto, non sono obbligatori e potranno pagare in contanti. Insomma, se non avesse dato il suo prezioso contributo alla discussione sui contanti anche Matteo Salvini, saremmo autorizzati a pensare che Giorgia Meloni sia preda di un vaneggiamento solitario. Invece Matteo Salvini riesce sempre a regalarci le più grandi soddisfazioni.
«Chi paga il caffè con la carta di credito è un rompipalle», ha dichiarato. Proprio chi vuole pagare il caffè eh, non una bottiglietta d’acqua o una caramella, solo il caffè. Lui ha individuato negli italiani che associano il caffè ai pagamenti digitali il nemico dell’economia e dei commercianti.
Roba che la prossima proposta di legge sarà l’arresto immediato di chi pretende di pagare col bancomat un macchiato caldo. E naturalmente i baristi saranno autorizzati a usare il taser contro i clienti che chiedono un americano, perché il made in Italy va tutelato seriamente, basta contaminazioni criminose.
Non posso non citare anche il resto dell’illuminante pensiero salviniano sull’utilizzo del contante: «Io cerco di pagare in contanti, perché a me piace andare a prelevare al bancomat».
Cioè, lui non ama andare per negozi e musei, lui ama mappare i bancomat della città e vagare tra uno sportello e l’altro. Recensisce anche gli sportelli su Tripadvisor: «Schermo con qualche ditata di unto, ma erogazione rapida e banconote ben stirate, 8».
Ma soprattutto, viene da pensare a che vita vivace e piena di brividi abbia, se per lui il massimo dell’adrenalina è lo sportello che impiega trenta secondi di troppo per restituirti il bancomat.
Comunque, lasciamoli fare, tanto si accorgeranno presto che il mondo va da un’altra parte. E sì, il giorno in cui Giorgia Meloni e Matteo Salvini scopriranno che tutto ciò che fanno e dicono sul tema dei contanti è semplicemente antidiluviano, pagherei per vedere la loro faccia. In contanti, anche.
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