- Nessuna fretta, servono attenti studi e verifiche prima di prendere qualsiasi decisione sulle spiagge. La tesi, surreale, del governo Meloni è che non esista un problema di concorrenza e accesso al mare.
- Il Mit, che non è l’università di Boston ma il Ministero di Salvini, avrebbe confermato la non esistenze di un problema di scarsità della risorsa, e quindi niente gare.
- In realtà il governo e i balneari hanno ben chiaro che le gare saranno inevitabili ma vogliono sabotarle in ogni modo con ritardi e provvedimenti contraddittori, a difesa di rendite e privilegi corporativi contro trasparenza e diritti di tutti i cittadini di accedere a spazi che sono pubblici e inalienabili.
Studiare, approfondire, verificare con attenzione. Quando si tratta di spiagge il governo Meloni è disponibile a prendere strade inedite, chiedendo aiuto a tecnici e scienziati per valutare bene e a fondo, prendersi tutto il tempo necessario prima di qualsiasi decisione.
Dall’ultima riunione del Tavolo tecnico in materia di concessioni balneari, istituito presso la presidenza del Consiglio, è venuta fuori una scoperta straordinaria, che se confermata può aprire le porte del Nobel per la fisica.
La scoperta
Secondo fonti giornalistiche il Mit, che non è l’università di Boston ma il ministero di Salvini, avrebbe confermato che dalla ricerca sugli spazi affidati in concessione non vi sarebbe alcun problema di scarsità della risorsa spiaggia. Questa straordinaria scoperta, che supera il principio di impenetrabilità dei corpi di Newton, cancellerebbe anni di polemiche su accesso al mare e gare per gli affidamenti degli stabilimenti.
Mentre cresce l’attesa per la conferma della notizia, sarà interessante capire come si riuscirà a dimostrarla a Pietrasanta o Gatteo a Mare, dove senza pagare è impossibile sdraiarsi in spiaggia. E servirà davvero un grande, geniale, giurista per dimostrare che non è leso il principio di concorrenza in Liguria o Romagna, perché ci sono spazi liberi sulla costa di Crotone.
Qualcuno dovrà spiegare ad un ragazzo di Alassio che se vuole andare in una spiaggia libera, basta che quando esce di casa nuoti verso Posada, in Provincia di Nuoro, dove ci sono ampi spazi per stendere l’asciugamano. Il livello di commistione di interessi economici privati e politici in questo settore è tale che il Tavolo Tecnico di palazzo Chigi prevede la sola partecipazione dei balneari, escludendo i tanti soggetti che da anni si battono per rendere accessibile a tutti un bene pubblico inalienabile.
Una mappatura non si nega
La novità di questi giorni è l’approvazione del Decreto attuativo che istituisce il sistema informativo per la mappatura delle concessioni balneari, il Siconbep. Un passaggio obbligato per il governo, in attuazione della legge sulla Concorrenza approvata dal governo Draghi, che se non avesse visto la luce avrebbe creato problemi con la Commissione europea.
Un'iniziativa salutata con plauso dalle diverse associazioni dei balneari, che hanno sottolineato la necessità di fare un lavoro scrupoloso, di prendere tutto il tempo necessario a studiare con attenzione anche le spiagge di laghi e fiumi, per dimostrare come non esista un problema di concorrenza. Slogan a parte, il cambio di strategia da parte dei balneari è evidente. Hanno preso finalmente atto delle decine di sentenze da ogni corte chiamata in causa che hanno sempre ribadito che le gare saranno inevitabili. Per cui il nuovo obiettivo è rinviarle e limitarle, in particolare alle sole spiagge non già in concessione. E se anche dovesse arrivare un obbligo per le spiagge oggi in concessione, posticiparlo in ogni modo. Da qui la strategia, condivisa con il governo, di complicare il quadro con scadenze impossibili da rispettare e problemi giuridici. In teoria, ai comuni spetta il compito di approvare i piani dell’arenile, sulla base dei criteri fissati dal governo per i bandi pubblici, e a quel punto si dovrebbero fare le gare per l’assegnazione delle aree.
Il problema è che i criteri non ci sono e quindi i comuni non potranno assegnare le aree con gara come in teoria dovrebbero fare entro il 31 dicembre 2023, o al limite un anno dopo, quando tutte le concessioni saranno scadute.
Situazione bloccata
Ma cosa aspetta il governo a definirli? Il dubbio che non lo farà mai è molto forte, non solo perché non si vuole sbloccare la situazione, ma perché nel momento che si andranno a stabilire soluzioni di buon senso, come quella di lasciare alla libera fruizione metà delle spiagge, sarà evidente che in tanti comuni si dimezzeranno gli spazi a disposizione dei privati.
C’è chi un piano lo ha già approvato, come i comuni di Lecce e Roma, ma dovrà aspettare. Altri comuni dovranno prima o poi rendersi conto che le spiagge vanno gestite nell'interesse di tutti. Ad esempio, con regole che permettano di vedere il mare dalle strade litoranee nei tratti in concessione.
Una cosa oggi impossibile per chilometri in Versilia, ma non solo, perché la vista è chiusa da alti muri. D'altronde se si è lasciata passare l’idea che fossero aree di proprietà privata, è normale che qualcuno alzi muri a difesa dei propri privilegi e clienti. In tanti stabilimenti quest’anno ci sono stati notevoli aumenti dei prezzi, mentre i canoni pubblici rimanevano bassi e invariati, e si salva solo chi può accedere a quelli delle categorie “speciali”, con prezzi calmierati, come esercito, marina, aviazione.
Una battaglia del secolo scorso: tra rendite e corporazioni da una parte, contro trasparenza e diritti dei cittadini dall’altra. Ci sarebbe da divertirsi se nel frattempo tra erosione costiera e innalzamento del livello dei mari le spiagge italiane non fossero a rischio scomparsa.
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