La personalità del generale Roberto Vannacci è più verde-nera, che verde-bianca, e non deve sorprendere il malcontento che la sua candidatura genera nelle roccaforte leghiste. Quando la Lega è apparsa tra Varese, Como e Bergamo, era chiaramente antifascista, anti-centralista e autonomista
La scelta di Matteo Salvini di candidare il generale Vannacci alle Europee ha generato irritazione nel partito. Tanti dirigenti leghisti hanno espresso contrarietà senza però puntare esplicitamente il dito contro il capitano. Sembra emergere uno scontro tra il leader e una parte dei dirigenti locali che temono già un disastro. Vannacci è una scommessa per il leader leghista. Le ultime dichiarazioni del generale sulle classi separate per i disabili hanno pure determinato una presa di posizione contraria della Conferenza Episcopale Italiana. Matteo Salvini può correre il rischio di turbare i suoi elettori cattolici e puntare tutto su Vannacci? Salvini stesso sembra imbarazzato e ha ricordato Vannacci non ha la tessera della Lega e si candida da indipendente nella lista del partito.
Per capire queste tensioni interne, basta ricordare che la Lega Nord si è sviluppata in un ambiente culturale molto specifico: le province bianche di tradizione democristiana, caratterizzate dalla predilezione per il lavoro autonomo e il rispetto dei valori tradizionali. Le prime leghe autonomiste si sono formate negli anni Ottanta del secolo passato nelle provincie periferiche del Nord.
Sfruttando i pregiudizi contro i meridionali, queste chiedevano una maggiore autonomia regionale da Roma, percepita come distante e prevaricatrice. Nel 1991, Umberto Bossi riuscì ad coalizzare tutte le piccole formazioni settentrionali per sviluppare un progetto federalista. In quegli anni, l’Italia stava attraversando una profonda crisi politica. Bossi riuscì ad affermarsi rompendo gli schemi abituali: il suo linguaggio semplice, polemico, a volte violento, riecheggiava l’insofferenza degli elettori democristiani di fronte agli scandali finanziari. Stava offrendo loro una nuova strada da percorrere: il federalismo avrebbe risolto tutti i problemi del Paese.
La maggiore parte dei dirigenti della Lega hanno fatto la loro gavetta politica in questi ambienti campanilistici, chi nella Bergamasca, chi nel Trevigiano, e rimangono attaccati alle vecchie parole d’ordine. Matteo Salvini viene da una Lega diversa, quella della periferia milanese, sicuramente più intollerante e affine al neofascismo.
La personalità del generale Roberto Vannacci è più verde-nera, che verde-bianca, e non deve sorprendere il malcontento che la sua candidatura genera nelle roccaforte leghiste. Quando la Lega è apparsa tra Varese, Como e Bergamo, era chiaramente antifascista, anti-centralista e autonomista, ma poi gli è capitato di governare con i post-fascisti e di candidare sotto la sua bandiera verde delle personalità provenienti dagli ambienti nostalgici del fascismo.
Segregare i disabili e incoraggiare la competizione tra i più bravi come propone Roberto Vannacci è profondamente contrario ai valori del cattolicesimo. Le sue ultime dichiarazione hanno evidenziato un suo pensiero retro eugenetico al quale la Chiesa è sempre stata avversa. Queste idee appartengono alla cultura fascista e non a quella cattolica che ha sempre un’occhio di riguardo per i più deboli, i più sfortunati.
Tuttavia è il discorso del leghista Paolo Grimoldi a Palazzago che lascia intravedere la vera ragione del malcontento. I dirigenti leghisti avrebbe preferito come capolista uno di loro. Roberto Vannacci non è iscritto alla Lega e non si è dato da fare incontrando la gente sul territorio. Candidare l’autore di un saggio di successo entra in collisione con i valori del partito.
Quindi non sono tanto le idee espresse ad essere problematiche, quanto il fatto che l’autore venga così piazzato in testa alla lista elettorale, cosa alquanto insolita nella storia del partito. Il generale è sicuramente una figura antinomica per i dirigenti locali, lo sarà forse di meno per l’elettorato: per diciott’anni, Mario Borghezio ha ricoperto la carica di europarlamentare per la Lega, prendendo regolarmente una valanga di voti nella circoscrizione nord-ovest.
La sua figura verde-nera disturbava già tanto il gruppo dei moderati capeggiato da Roberto Maroni, ma a Pontida, era sempre il più applaudito dopo Bossi. Dunque sarà il voto a dirci se Salvini avrà avuto ragione a candidare Vannacci o no.
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