- I dati ufficiali mostrano il contrario di ciò che ha detto Meloni e cioè che la gran parte, anzi la quasi totalità, dell’evasione italiana avviene ad opera delle piccole imprese e del lavoro autonomo.
- Alzare il tetto al contante avrebbe effetti molto negativi sul riciclaggio e sulla corruzione di cui in un paese come l’Italia non si sente affatto il bisogno.
- Coerentemente la destra promette «pace fiscale» cioè nuovi condoni in particolare in relazione alle cartelle già emesse (evasione accertata). E si può essere ragionevolmente fiduciosi del fatto che se mancheranno le risorse la “politica dei condoni” sarà ripresa in grande stile estendendosi ancora una volta agli immobili e ad altro.
Nel suo intervento in parlamento Giorgia Meloni ha opportunamente ricordato che la situazione economica e le urgenze che deve affrontare il paese sono tali da costringere a rinviare gli interventi più costosi del programma di governo. Questa consapevolezza e prudenza è stata apprezzata da molti, ma anche criticata da chi vorrebbe subito un forte scostamento di bilancio, non avendo forse riflettuto a sufficienza sulla sorte toccata alla povera Liz Truss. Tuttavia, sulle tasse la destra non sembra orientata a perdere tempo, almeno su alcune questioni che essa considera caratterizzanti e simboliche.
Il buco nero della destra
È questo il caso del limite all’uso del contante che si intende elevare a 10mila euro. Spesso i benefici della limitazione dell’uso della moneta contante nel contrasto all’evasione sono stati esagerati fino a considerarli risolutivi. Ciò non toglie che non c’è dubbio che tra diffusione del contante e possibilità di evasione esiste un legame chiaro, misurabile con strumenti econometrici. Ma soprattutto è evidente che l’innalzamento del limite avrebbe effetti molto negativi sul riciclaggio e sulla corruzione di cui in un paese come l’Italia non si sente affatto il bisogno. Del resto, proprio per questi motivi la Bce di Mario Draghi nel 2019 eliminò la banconota di 500 euro.
Il contrasto all’evasione e la determinazione a perseguirlo sono del resto da sempre il “buco nero” politico e culturale della destra italiana in materia di tassazione. Si sostiene che l’unica evasione che va contrastata è quella delle grandi imprese, delle multinazionali, e che non bisogna occuparsi dei “piccoli” per i quali l’evasione, se esiste, rappresenta una dolorosa necessità, come incautamente si è suggerito in passato anche da sinistra.
I piccoli evadono, i grandi eludono
In verità i dati ufficiali mostrano il contrario, e cioè che la gran parte, anzi la quasi totalità, dell’evasione italiana avviene ad opera delle piccole imprese e del lavoro autonomo, e che per esempio queste categorie di contribuenti evadono percentuali dell’Irpef più prossime al 70 che non al 60 per cento. Un’evasione di massa di dimensioni impressionanti. Ed è molto grave che il governo uscente, venendo meno ad una precisa disposizione di legge, non abbia allegato alla Nadef il rapporto annuale sulla economia non osservata che pure era stato predisposto dagli uffici.
Le grandi imprese invece eludono le imposte in modo sistematico, ma anche in questo caso si ritiene che gli interventi della magistratura sull’abuso del diritto debbano essere frenati.
Coerentemente la destra promette «pace fiscale» cioè nuovi condoni in particolare in relazione alle cartelle già emesse (evasione accertata), ma senza escludere altre fattispecie. Anzi si può essere ragionevolmente fiduciosi del fatto che se mancheranno le risorse e si dovrà far fronte ad esigenze di spesa non rinviabili, la “politica dei condoni” sarà ripresa in grande stile estendendosi ancora una volta agli immobili e ad altro.
Lo scandalo del forfait
È in questo contesto che va valutata le proposta di estendere il regime forfettario per i contribuenti “autonomi” da 65mila a 100mila euro. Si tratta di una misura che aggraverebbe in maniera gravissima ed irreversibile una delle misure più scandalose varate nel corso degli ultimi anni che fa sì che già oggi, per fare un esempio, in presenza di un reddito effettivo di 35 mila euro un autonomo che aderisce al forfait paghi 2.500 euro in meno di un dipendente e 3.400 meno di un pensionato, il che significa che i proponenti considerano i dipendenti non meritevoli di tutela perché “garantiti”, mentre i pensionati, essendo improduttivi, possono essere dimenticati in attesa della loro auspicabilmente rapida scomparsa. Lo stesso atteggiamento che alcuni governi di centrodestra avevano mostra durante la pandemia.
Inoltre, l’estensione del forfait rappresenta anche un tentativo di legittimare l’evasione abituale di questi contribuenti, consentendo loro di pagare ex lege molto meno degli altri. C’è da augurarsi che i sindacati prendano finalmente coscienza di quanto è accaduto e sta per accadere.
Disincentivo al lavoro femminile
L’altro cavallo di battaglia della destra, la flat tax, sembra invece indirizzato su un binario morto, in quanto si farà ricorso a un meccanismo incrementale, che dovrebbe risultare fonte di molta confusione e discriminazione, ma di scarsi effetti di riduzione del gettito.
Va anche notato il rilancio del quoziente familiare per l’Irpef, meccanismo tecnicamente inutile in presenza di una vera flat tax, in buona misura superato dall’introduzione dell’assegno unico per i figli, e che avrebbe l’effetto principale di ridurre fortemente l’imposta per le famiglie in cui la differenza del reddito tra i coniugi fosse massima, vale a dire nel caso di un coniuge casalingo con zero reddito (la donna). Un preciso disincentivo al lavoro femminile. Infine, si propone una riduzione del cuneo fiscale secondo le richieste di Confindustria, misura condivisibile se fosse anche prevista una qualche forma di copertura che invece manca.
Nel complesso quello che più impressiona e preoccupa è la mancanza di una visione complessiva del sistema fiscale italiano oggi ridotto in condizioni pietose a causa della sua frammentazione, della evasione di massa delle innumerevoli spese fiscali, ecc., nonché la mancata considerazione dei dibattiti in corso a livello scientifico e delle organizzazioni sovrannazionali (Ocse, Fmi, Unione Europea) sul futuro, molto difficile dei sistemi fiscali attuali e sulle necessità di riforma.
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