- Il capo del governo “scelto dagli italiani” vuole dare una costosa lezione a un quotidiano che senza appoggiare nessuno specifico partito sta all’opposizione.
- In questa luce, l’inchiesta giornalistica potrebbe apparire agli occhi dell’opinione pubblica come un subdolo tentativo di delegittimazione del capo del governo.
- Il rinvio a giudizio di Domani solleva alcuni problemi generali rimasti irrisolti nei rapporti fra governo, qualsiasi governo, e mass media.
In politica gli avversari si affrontano e si combattono con gli strumenti della politica. Analisi penetranti, indicazioni intelligenti, proposte innovative, idee idee idee. Da ultimo, se la competizione approda sul campo, più o meno largo, elettorale, l’arma sono i voti.
In maniera ossessiva e rozza i politici, non so se più quelli di sinistra o di destra che si beano del loro “garantismo”, annunciano di non volere sconfiggere gli avversari per via giudiziaria, ma politicamente.
Deve necessariamente essere molto diverso l’atteggiamento quando il conflitto è tra i politici e i giornalisti?
Vale a dire la sconfitta dei giornalisti ad opera dei politici che non hanno gradito un’inchiesta non dovrebbe essere cercata sul piano fattuale smentendo le risultanze dell’inchiesta e dimostrando la falsità delle implicazioni perché i fatti non sono avvenuti?
Ricorrendo ad un’altra frase classica del politichese, “lasciare che la giustizia faccia il suo corso”.
I più bravi fra i politici e i loro giornalisti di riferimento sono di recente approdati anche alla decisione eroica di “difendersi nel processo, non difendersi dal processo”.
Giorgia Meloni ha scelto di querelare il quotidiano Domani per un’inchiesta della primavera scorsa.
Raccomandazioni a favore di un imprenditore di mascherine i cui prodotti sarebbero costati allo Stato il doppio di quelle dei concorrenti.
Emiliano Fittipaldi ha già fornito tutti gli elementi della sua inchiesta. Naturalmente, il tempo passato da marzo a oggi ha visto un enorme cambiamento sulla scena politica.
La già allora potente capo del partito Fratelli d’Italia è diventata la ancora più potente presidente del Consiglio cosicché la sua querela ha immediatamente acquisito maggiore peso e probabilmente susciterà maggiore attenzione mediatica.
Il capo del governo “scelto dagli italiani” (meglio, che ha vinto le elezioni e ottenuto il voto di fiducia da entrambe le Camere) vuole dare una costosa lezione a un quotidiano che senza appoggiare nessuno specifico partito sta all’opposizione.
In questa luce, l’inchiesta giornalistica potrebbe apparire agli occhi dell’opinione pubblica come un subdolo tentativo di delegittimazione del capo del governo.
Il rinvio a giudizio di Domani solleva alcuni problemi generali rimasti irrisolti nei rapporti fra governo, qualsiasi governo, e mass media.
Senza fare nessun peccato è lecito pensare che il capo del governo e i suoi avvocati intendano mandare un messaggio (di stampo ungherese): “attenzione alle critiche e denunce, voi, giornalisti, non ve ne lasceremo passare una, ve le faremo pagare care”.
Poi saranno i giornalisti stessi, interiorizzato il messaggio, a decidere quanto vogliono esporsi.
Dunque, è logico concludere che assicurare la difesa della libertà di stampa, ad eccezione di pochissime fattispecie, da querele governative significa, fuor di retorica, difendere un pezzo importante della libertà.
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