- La politica italiana ha passato un trentennio a impedire che la Costituzione venisse attuata, con regioni, Corte costituzionale, referendum e molto altro immessi solo gradualmente nel processo democratico. Negli ultimi trent’anni l’impegno è stato soprattutto a smantellarla.
- La retorica sulla Costituzione in stile Benigni non impedisce questo assedio.
- Anzi, lo legittima perché trasmette l’idea (falsa) che nessuno oserà mai mettere in discussione i pilastri dell’ordine democratico.
La retorica mielosa di Roberto Benigni è una delle tante minacce che la nostra Costituzione deve fronteggiare ogni giorno da 75 anni. Intanto perché Benigni non riesce neanche a citare correttamente gli articoli che elogia in mondovisione a Sanremo.
L’articolo 11 dice sì che l’Italia ripudia la guerra, ma solo come strumento di risoluzione delle controversie internazionali (come ovvio per una Costituzione uscita da una guerra civile e di resistenza a un invasore straniero).
Dice anche che la sovranità del pese può essere limitata dall’adesione a organizzazioni internazionali, tipo Nato e Unione europea, allo scopo di assicurare «la pace», certo, ma anche «la giustizia» tra le nazioni.
Capite bene le implicazioni diverse nel contesto dell’aggressione russa all’Ucraina dell’articolo 11 inesistente immaginato da Benigni e di quello reale.
Gli entusiasmi esagerati d Benigni creano inoltre l’illusione di un accordo generale sui principi fondanti della carta che non c’è.
L’articolo 21 sulla libertà di espressione, che tanto commuove Benigni, è violato ogni giorno dalle querele temerarie di politici e aziende contro giornali e giornalisti e dai rapporti di forza in un settore ostaggio di precariato e grandi editori con interessi spesso opachi.
Mai ho sentito Benigni spendere una frazione della sua popolarità a difesa di un giornalista minacciato o intimidito.
La stessa forma istituzionale dell’Italia, come «Repubblica una e indivisibile» (articolo 5) è sotto attacco dal disegno di legge sull’autonomia differenziata appena approvato dal governo Meloni: un processo sul quale dovrà vigilare, per fortuna, non Benigni ma il presidente Sergio Mattarella, molto più cauto nel dare per scontate le fondamenta dello Stato su cui veglia.
La politica italiana ha passato un trentennio a impedire che la Costituzione venisse attuata, con regioni, Corte costituzionale, referendum e molto altro immessi solo gradualmente nel processo democratico. Negli ultimi trent’anni l’impegno è stato soprattutto a smantellarla.
I volonterosi carnefici del centrosinistra hanno fatto più e meglio degli aspiranti secessionisti del centrodestra: prima con la riforma del titolo quinto della Costituzione, nel 2001, poi con il grande pasticcio del referendum renziano nel 2016 (quando Benigni era schierato per stravolgere la Costituzione che oggi celebra) e infine nel 2017, quando il futuro segretario del Pd Stefano Bonaccini ha chiesto anche per l’Emilia-Romagna l'autonomia differenziata, accodando la regione simbolo della sinistra alla “secessione dei ricchi” della Lega.
La retorica sulla Costituzione in stile Benigni non impedisce questo assedio, anzi, lo legittima perché trasmette l’idea (falsa) che nessuno oserà mai mettere in discussione i pilastri dell’ordine democratico.
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