Dopo il Daghestan, anche l’Europa occidentale ha vissuto la sua caccia all’ebreo. Non siamo riusciti ad arginare l’importazione del conflitto. Le immagini di Amsterdam non aiuteranno la causa palestinese, ma porteranno a un incremento dell’islamofobia, che verrà cavalcata dall’estrema destra nostrana. Figuriamoci, Geert Wilders, l’islamofobo europeo per definizione, non aspetta altro
Dunque, dopo le raccapriccianti immagini viste in Daghestan nell’ottobre 2023, la caccia all’ebreo è arrivata anche in Europa occidentale, dove quest’anno si è già registrato un incremento del 500 per cento di attacchi antiebraici.
Un gruppo di islamisti armati di coltelli e manganelli ha picchiato e investito con le macchine tifosi del Maccabi Tel Aviv. Il bilancio è pesante: almeno 5 feriti.
Ancor di più, però, sconvolgono i ricordi che questi atti evocano. Proprio in Olanda, il Paese di Anna Frank, dove la macchina di morte nazista ha funzionato al meglio per la collaborazione di solerti cittadini.
Basterebbe vedere le immagini del tifoso israeliano costretto a terra, preso a calci e pugni e obbligato a urlare «free Palestine» per far capire l’ovvio: è il frutto di un anno di analisi unilaterali del conflitto mediorientale, che ha sottratto l’azione israeliana, che certo può e deve essere criticata in termini militari (quale l’obiettivo della guerra a Gaza che appare un massacro senza scopo?) e politici (quale la visione politica dietro l’azione militare? Quale il futuro della Striscia?), dal circolo di violenza in cui è inserita.
Fino a spacciarla per pulizia etnica, genocidio, fantomatici piani di generali che «si dice che», «qualcuno sospetta che», «a me pare che» siano, forse, sulla scrivania di Netanyahu. Ignorando che opposizione, presidenza della Repubblica, esercito, intelligence hanno sempre continuato a trattare per un accordo che salvaguardasse la sorte degli ostaggi, mentre oggi si oppongono al disegno criminale del Grande Israele, sostenuto, è bene ricordarlo, da meno del 10 per cento della popolazione israeliana, che oggi ha visibilità e spazio politico perché è stata loro consegnata la golden share del governo.
Ma capisco che la tentazione di cedere alla pulsione antisionista (leggi antisemita) sia troppo grande per inoltrarsi in simili analisi, che contemplino l’enorme dialettica interna alla politica e alla società civile israeliana. Meglio riproporre gli antichi stereotipi dell’ebreo vendicatore, chiuso in sé stesso, indifferente alla sorte degli altri. Magari facendoli passare attraverso l’orrida figura di Netanyahu, che pare effettivamente adattissimo allo scopo.
Lo scriviamo da tempo, è la perfetta intersezione fra antigiudaismo islamico e occidentale, che ha permesso la penetrazione di propagande politiche organizzate da gruppi fondamentalisti che, dai vertici di Hamas in giù, sapevano bene quali tasti toccare per mobilitare l’opinione pubblica occidentale.
Anche sacrificando all’abbisogna i propri popoli, il cui sangue, come ebbe a dire Kaled Meshal appena dopo il 7 ottobre a una giornalista saudita che gli chiedeva conto delle sofferenze provocate al popolo palestinese dal loro folle attacco, serve alla causa.
Stesse cose emerse dalle intercettazioni di Yahya Sinwar pubblicate tempo fa dal New York Times, senza che abbiano modificato in nulla le letture di analisti accreditati. Una propaganda non solo infame, ma anche miope: chi pensa che questo porterà qualche vantaggio alla causa palestinese non ha capito quale razza di circolo abbia messo in moto.
Come prima conseguenza, porterà a un incremento dell’islamofobia, che verrà cavalcata dall’estrema destra nostrana. Figuriamoci, Geert Wilders, l’islamofobo europeo per definizione, non aspetta altro. Scatteranno persecuzioni nelle moschee, sospetti di ogni tipo nei confronti delle comunità musulmane, espulsioni.
Torneranno i discorsi da scontro di civiltà, le retoriche sulle battaglie di Lepanto e di Vienna. Comunità musulmane che hanno già dovuto subire la nuova ondata di infiltrazione propagandistica di imam del terrore, volta a reclutare fra i loro giovani secondo le più classiche tecniche delle organizzazioni terroristiche in perenne ricerca di carne da cannone.
Come seconda cosa, rafforzerà la propaganda di Netanyahu, che da sempre scommette sulla sindrome d’assedio per rafforzare la propria barcollante leadership. Ovviamente ha non ha perso l’occasione per annunciare l’invio di un volo militare ad Amsterdam per riportare a casa i concittadini sotto shock. Ipotesi poi rientrata per volere di altri.
Alle nostre latitudini avevamo solo un compito di fronte alla catastrofe mediorientale: evitare l’importazione del conflitto. Le immagini di Amsterdam dimostrano che abbiamo fallito. E in tutto questo caos, scandito da attentati e guerriglia urbana sempre più frequente, si attenderà con spirito messianico l’uomo forte in grado di reimporre l’ordine. Ah no, scusate, è già arrivato il cinque novembre scorso.
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