Il pugno alzato, l’orecchio sanguinante, la chioma scompigliata, l’espressione determinata che sbuca dal cerchio della scorta. La folla che applaude e grida slogan quando un solo minuto prima Donald Trump ha rischiato la vita in un attentato a colpi di pistola. In certi casi la politica delle immagini è più potente delle parole e il Trump che riemerge dall’attentato è il ritratto iconico della forza.

Non si può dire se questo fallito attentato sarà decisivo nella corsa alla Casa Bianca ma di certo l’ex presidente repubblicano ne esce rafforzato perché dopo gli spari si mostra freddo, reattivo, padrone della scena. Tutto questo accade nel momento in cui invece il presidente Joe Biden attraversa il momento più difficile della sua vita politica: un dibattito presidenziale disastroso, il suo partito che per lo più vuole sostituirlo per l’avanzata età ma senza valide alternative all’orizzonte, un’immagine di debolezza, malattia e passività che non rende onore alla sua carriera politica.

L’attacco a Trump piomba come un macigno su una campagna elettorale già molto pesante per i limiti dei due candidati. E a questo punto Trump è ancora più favorito. Da questa parte dell’Oceano tutta la scena sembra rasentare la finzione cinematografica, una violenza quasi inconcepibile per la mente europea, l’impressione che l’impero americano attraversi una turbolenza tale da inghiottire anche la politica di casa nostra.

Il futuro con Trump

I leader europei, dunque, da oggi devono prepararsi ancora di più al ritorno di Trump. Cosa significa questo? La difesa e la sicurezza in primo luogo. Su tale tema anche una rielezione di Biden avrebbe comportato la necessità di una iniziativa comune, ma con Trump si accelera il problema. I leader europei saranno costretti ad aumentare rapidamente la spesa militare per coprirsi dal progressivo taglio del sostegno americano e per non lasciare l’Ucraina al suo destino.

Secondo tema, il protezionismo. Trump vuole aumentare i dazi sulla Cina ma non va dimenticato che nel suo primo mandato il presidente populista ha applicato dazi anche su alcune merci europee. Dunque, se Trump ripetesse lo schema, gli europei avranno bisogno di rafforzare il mercato interno probabilmente rompendo ancora vincoli di bilancio e di politica monetaria.

Terzo, le relazioni bilaterali. Trump non crede agli accordi multilaterali, cerca il confronto testa a testa con i leader, considera l’Unione europea una entità ectoplasmatica. Ciò significa che ogni capo di governo dovrà regolarsi da sé nei rapporti con Trump e che il coordinamento europeo sarà più difficile di fronte ad una Casa Bianca che spariglierà le carte. In questo scenario si inserisce la posizione italiana e in particolare quella di Giorgia Meloni.

Sulla carta una certa vicinanza ideologica ai Repubblicani dovrebbe giovare alla presidente del Consiglio, ma è davvero così? Meloni ha costruito un rapporto eccellente con Biden, ha intrapreso una politica atlantista e anti-Putin, ha dismesso l’euroscetticismo.

Tutto questo in teoria non piace a Trump o, quantomeno, ad una parte dei populisti americani. Lo ha ricordato Steve Bannon, inventore del trumpismo, qualche settimana fa in delle interviste con i quotidiani italiani dove Meloni viene dipinta quasi come una traditrice della destra populista. Il riadattamento ad una eventuale presidenza Trump potrebbe essere più difficile del previsto perché ravviverebbe l’opposizione interna di Matteo Salvini che si è sempre rappresentato come supporter dell’ex presidente.

Difficoltà potrebbe insorgere anche sul piano economico, se Trump volesse subito attuare il proprio programma l’Italia sarebbe costretta tra cambiamenti internazionali e regole europee a cambiare la composizione del bilancio, cioè a tagliare la spesa in alcuni settori e aumentarla in altri, oltre a dover cucire attraverso una faticosa negoziazione con gli altri leader europei nuovi strumenti comuni per gli investimenti.

La vittoria di Trump non sarà un buon affare per leader progressisti e liberali come Scholz e Macron, ma potrebbe essere una cattiva notizia anche per Meloni.

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