L’immagine di Donald Trump che emerge dal capannello degli uomini del Secret Service con l’orecchio sanguinante e agitando il pugno chiuso grida per tre volte “fight!” è l’icona istantanea del candidato che incassa un anticipo della sua rivincita. 

Avrebbe potuto rialzarsi agitando direttamente le chiavi della Casa Bianca, perché è da quelle parti che lo spinge di nuovo l’orribile attentato che non ha colto il suo bersaglio, ma ha ucciso almeno una persona fra i partecipanti al comizio di Butler, in Pennsylvania, e ha avuto come effetto immediato quello di celebrare il trionfo della violenza politica, che in una democrazia che ambisce a definirsi tale condanna chi la commette all’emarginazione e alla sconfitta. Elon Musk ha colto subito l’occasione e su X ha comunicato il suo aperto sostegno a Trump. 

Le circostanze sono tutte da verificare. L’attentatore è rimasto ucciso, ma non è chiaro in quale modalità. Era su un tetto, a circa 120 metri dal palco su cui parlava Trump, e alcune immagini ritraggono quello che sembra essere l’attentatore senza vita poco dopo l’attacco.

Non si conoscono al momento l’identità, il profilo, eventuali dichiarazioni d’intenti, messaggi o deduzioni utili a illuminare il contesto. Sappiamo però che le autorità hanno rinvenuto un fucile semiautomatico del tipo AR-15 – un classico della violenza americana – e che perciò le prime ipotesi di un’arma non letale o amatoriale si allontanano. 

Gli inquirenti stanno indagando il caso come un tentato omicidio e Trump ha detto che gli hanno sparato e «il proiettile ha trapassato la parte alta del suo orecchio».

Dai primi momenti è stato chiaro che la ferita sul volto dell’ex presidente era lieve, perciò nel mondo MAGA è incominciata subito la costruzione di un nuovo, inquietante capitolo dell’epopea del martirio, che si aggiunge a quello della persecuzione giudiziaria e, ancora prima, a quello dell’elezione rubata da un sistema congegnato per escluderlo. Ma questa volta il sangue era vero e il proiettile era vero, anche se non ha colpito in pieno l’obiettivo a cui con ogni probabilità era diretto.

Il presidente, Joe Biden, apparso senza cravatta come capita ai leader sorpresi da un evento improvviso e gravissimo, ha condannato nei termini più decisi e inequivocabili la violenza “malata” che si è manifestata il Pennsylvania, ha chiamato la vittima dell’attentato, ha disposto di sospendere tutti i messaggi della campagna elettorale, ha spiegato che bisogna accertare i fatti, ha cercato di raffreddare il clima che fino a ieri era rovente per la mozione di sfiducia con cui il mondo democratico lo sta assediando, e ora si è fatto incandescente dopo che un uomo – di cui ancora non sappiamo nulla – si è messo in testa l’idea delirante che il problema di queste elezioni potesse essere risolto con un proiettile. 

Ma la pallottola che non ha centrato il suo bersaglio è il più potente segno di incoraggiamento elettorale per Trump, che si avvia combattivo e sanguinante verso un nuovo mandato presidenziale, ostacolato soltanto da un presidente fragile, sfiduciato dai suoi e messo in ginocchio dall’esplodere della violenza.

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