L’idea che la costruzione di un sistema sovranazionale, come l’Unione europea, sia solo un’illusione che non allontana la guerra, finisce con alimentare lo spirito nazionalista
In tempi di notizie false (fake news) ce n’è una particolarmente insidiosa e subdola. Quella di chi sostiene che ci siamo illusi nel costruire sistemi sovranazionali (come l’Unione europea) e nel favorire la globalizzazione dei mercati e delle persone che ci avrebbe garantito un’epoca di pace, sull’assunto che dove passano le merci non passano gli eserciti.
Invece, si sostiene e si insinua, la guerra è tornata perché è insita all’animo umano ed è una delle diverse modalità con cui si regolano i rapporti tra i paesi. In questo senso, la globalizzazione avrebbe anch’essa favorito la guerra sia attraverso le tensioni derivanti da asimmetrie di sviluppo, sia perché ha consentito l’emergere (o il riemergere) di nuove potenze come la Cina, tornata a voler comandare nel mondo.
Nemici della patria
Obiettivo mal celato di questa falsità è quello di incitare i nostri paesi ad armarsi, di riportare l’orgoglio nazionalista a difesa della patria, di prepararsi allo scontro militare, di soffocare dissensi e di uniformare l’informazione a quelli che sono gli interessi della nazione e dei suoi alleati, tacciando come nemici della patria tutti coloro che avanzano interpretazioni diverse e non allineate.
Invece, si tratta di una vera falsità. L’Unione europea è stata costituita dopo secoli di guerre fratricide di cui due solo nel secolo passato. Sono così state superate inimicizie radicate nelle subculture nazionali che dividevano i nostri paesi facendoli sentire nemici per sempre. Questi risultati non sono derivati solo da fatti amministrativi come la decisione di costituire una Comunità europea, ma dalla volontà dei politici di allora di superare le divisioni che ancora esistevano e di diffondere una cultura di pace.
Questa volontà ha prevalso durante tutto il periodo della guerra fredda, periodo nel quale non sono mancate le tensioni e gli incidenti (da Cuba al Vietnam), ma che sono state superate e hanno costituito la base per ulteriori rafforzamenti della cooperazione internazionale, con gli accordi per il disarmo, con l’apertura dei mercati e con l’estensione della cultura del multilateralismo.
Da qui nacque la globalizzazione che, pur in presenza di tensioni internazionali con l’insorgere del terrorismo e il fenomeno delle migrazioni di massa, ha liberato molte popolazioni dalla povertà, ha fatto cadere diverse barriere fisiche e psicologiche e ha assicurato una forte crescita economica globale, fin tanto che la volontà trovare soluzioni per mantenere la pace e la collaborazione hanno prevalso.
Il ritorno dell’egoismo
Questa volontà non c’è più da alcuni anni. Sono tornate ideologie nazionalistiche che hanno fatto cadere la collaborazione internazionale e fatto tornare la voglia di confrontarsi con spirito di egoismo nazionale. Il fenomeno è comune a pressoché tutti i paesi del mondo, che siano democrazie consolidate o autocrazie più o meno illuminate. Chi attribuisce questo ritorno ai fallimenti della globalizzazione mente sapendo di mentire.
È il mai sopito egoismo nazionalistico quello che è tornato in auge, sull’onda della difficoltà di gestire a proprio piacimento la sovranità nazionale in epoca di strette interrelazioni economiche, politiche e sociali tra tutti i paesi del Globo. Non siamo in presenza di un disagio delle genti che chiedono protezione nazionale, ma di un disagio di molti dei politici al governo che scaricano sugli altri paesi le responsabilità di non saper gestire questa fase di necessaria collaborazione internazionale per superare i problemi ambientali e l’avvento di nuove tecnologie che hanno reso i confini nazionali inutili quando non dannosi.
Queste ideologie nazionalistiche e sovraniste finiranno per portarci a una o più guerre se non le fermeremo a tempo. Bisogna ricostruire quella volontà di pace e di collaborazione che non è spirito imbelle ma riconoscimento della necessità di convivenza tra le diverse nazioni, di tolleranza delle diversità, di rifiuto collettivo e individuale della guerra, di riduzione degli armamenti e di messa in comune dei progressi della tecnologia che devono essere al servizio di tutti e non a vantaggio di questo o quel paese.
Se c’è un’illusione fatale è quella di pensare che la guerra possa risolvere qualche problema, mentre ne crea di maggiori, come purtroppo abbiamo visto e continuiamo a vedere anche in questi giorni.
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