Fra le tante inquietudini che suscitano le intercettazioni fra Paolo Signorelli e l’esponente dell’estrema destra romana Diabolik, ucciso nel 2019, ci sono anche le amicizie di alcuni importanti esponenti dell’ebraismo italiano e questa destra nostalgica. Forse è l’occasione giusta per chiarirli e tracciare un limite oltre il quale il supporto ebraico non è più sostenibile
Le oscene chat tra Paolo Signorelli, portavoce del ministro Lollobrigida, e l’estremista della destra romana Fabrizio Piscitelli, sono indicative per diversi motivi. Anzitutto ribadiscono la difficoltà della destra italiana, mai emancipatasi da una base dichiaratamente fascista e nostalgica, di formare una classe dirigente degna di questo nome.
Finché la premier non farà piazza pulita di gente che strizza l’occhio ad ambienti della destra eversiva, ogni operazione di maquillage che dovrebbe accreditare il suo partito di fronte alle cancellerie europee e occidentali sarà destinata a infrangersi contro il muro della parte più attiva del suo elettorato, che reclamerà lo spazio dovuto a chi porta i voti sul territorio. Ci angoscia ulteriormente che questo milieu accarezzi il cerchio magico che si stringe attorno alla premier. È risaputa, infatti, anche l’amicizia con Arianna, sorella della presidente del Consiglio. Il fatto che il portavoce del ministro, già lui stesso autore di innumerevoli gaffe, dica di non ricordare il contenuto della chat è la classica pezza peggiore del buco. Parole simili dovrebbero rimanere scolpite nella memoria, evidentemente per lui sono toni abituali, che si confondono nella nebbia della consuetudine.
Le frasi riportate da tutti i giornali parlano, però, anche a quella parte dell’ebraismo italiano (ed europeo) che, importando logiche mediorientali, ha assunto questa estrema destra come propria amica e alleata in nome di una comune battaglia antislamica. Mai miopia fu più grande: dagli anni post 11 settembre, l’islamofobia è uno dei canali attraverso cui si è legittimato l’antisemitismo in Europa.
L’attacco alla macellazione rituale e alla circoncisione, pratiche comuni ad entrambe le religioni, è l’effetto più evidente del destino comune che coinvolge entrambe le comunità. Del resto historia magistra vitae, o così dovrebbe essere: ogniqualvolta il nazionalismo ha fatto breccia nel cuore del Vecchio continente per la popolazione ebraica, evidentemente ancora percepita come straniera, sono aumentati i pericoli. Ancor più quando il nazionalismo sfocia in una neopagana mistica della nazione, apertamente rivendicata in queste intercettazioni. Non è che ci si strappi le vesti: ricordiamo bene le pagliacciate leghiste con l’ampolla del Po e i matrimoni officiati da druidi, ma almeno ci voleva il falso moderato Berlusconi per raccogliere i voti ebraici. Qui la destra si è messa direttamente in proprio.
Perché l’ebraismo italiano non chiede conto di queste amicizie a dir poco imbarazzanti? Per quanto tempo si potrà soprassedere sui cimeli del Duce, sulle simpatie evoliane in nome di una fantomatica difesa di Israele, che è pura propaganda fondata sul vecchio assunto per cui il nemico del mio nemico è mio amico? Sappiamo bene che il governo scaricherà ogni colpa su Signorelli, già autosospeso, e che non ci saranno dimissioni eccellenti, ma quei dirigenti delle comunità ebraiche che non fanno mistero dell’amicizia personale con membri di questa destra nostalgica (nota l’amicizia fra il presidente della Comunità Ebraica della mia Milano Walker Meghnagi e la famiglia La Russa) per quanto potranno ancora tacere di fronte a queste indecenze? Perché non fanno valere i propri, legittimi rapporti per spingere la propria parte politica a recidere ogni legame con questo fosco passato? Darebbero un contributo a tutta la politica italiana e impedirebbero di usare l’ebraismo come foglia di fico del razzismo altrui.
Infine, e anche questo è un aspetto non trascurabile, questo ennesimo capitolo della storia infinita fra fascismo e destra italiana è un monito anche per le forze progressiste, spesso incapaci di riconoscere gli stereotipi antigiudaici della propria propaganda. Si parte dalla critica a Israele e ben presto arrivano le svastiche. Cosa puntualmente avvenuta anche in questo frangente storico segnato dalla tragedia di Gaza, dove si sono viste case ebraiche marchiate con la stella di David. Rinunciare alla critica mai, ma ugualmente importanti sono i toni. Infine, una nota personale di sostegno all’amico Gad Lerner, con David Parenzo sempre più assunto come lo stereotipo dell’ebreo nella becera rappresentazione di questa propaganda che ha tanto successo sui social (ben ricordo antichi toni della base grillina). Non posso che dire: Je suis Gad!
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