Le elezioni liguri hanno un valore nazionale, non solo per i risvolti sulle strategie politiche (che forme prenderà il centro-sinistra?). Ma perché la Liguria è una regione che amplifica, e anticipa, i problemi dell’Italia: sul piano economico, sociale, demografico, ambientale
Le elezioni liguri hanno un valore nazionale, non solo per i risvolti sulle strategie politiche (che forme prenderà il centro-sinistra?). Ma perché la Liguria è una regione che amplifica, e anticipa, i problemi dell’Italia: sul piano economico, sociale, demografico, ambientale.
È la regione del Nord con il reddito più basso e che cresce meno. Ma è anche quella con le maggiori disuguaglianze. Ha le più alte fragilità sociali. Quasi 300mila persone sono a rischio povertà, il 18 per cento (quattro punti in più del Nord-Ovest).
L’età media arriva a 49 anni, la più alta in assoluto in Italia (45,9). Nel 2023 i liguri che hanno rinunciato a curarsi sono stati quasi 120mila, 30mila in più rispetto all’anno prima: la sanità è per pochi, il diritto alla salute è diventato un privilegio. E difatti, nonostante sia più povera, qui l’indice Gini della disuguaglianza si attestava, nel 2022, a 31,9, un punto e mezzo più del Nord-Ovest e ben 2,7 punti sopra il Nord-Est.
Quanto alla crescita, negli ultimi anni la situazione è peggiorata: dal 2018 al 2022, il Pil è aumentato di solo il 2,1 per cento, in totale. La metà del Nord-Ovest (4,2) e dell’Italia (4,3). Infine, in Liguria alle fragilità sociali, economiche, sanitarie si sommano, come in pochi altri luoghi, quelle ambientali: le frane e le alluvioni, eventi che sono destinati a intensificarsi, illustrano il dramma di un territorio già difficile vittima di un uso intensivo e spregiudicato del suolo, oltre che martoriato da infrastrutture inadeguate.
Il malato del Nord
Eppure, la Liguria era la regione più prospera d’Italia: nel Pil per abitante, secondo le stime, è stata al primo posto, per quasi un secolo, dall’Unificazione fino al miracolo economico. Negli anni Cinquanta e Sessanta, il declino (relativo) non era ancora drammatico (non a caso la regione continuò a svolgere un ruolo da protagonista anche nella cultura nazionale, si pensi alla scuola genovese nella canzone).
È a partire dagli anni Settanta che la Liguria comincia a configurarsi come il malato del Nord, a indietreggiare sempre più rispetto alla Lombardia, che riesce a reinventarsi, al Nord-Est, in piena espansione e che riorienta l’asse economico del Belpaese sull’Adriatico, poi anche al Piemonte.
In Liguria, invece, la disuguaglianza e il privilegio diventavano la cifra della politica e dell’economia: a dominare era un’élite “estrattiva” che si spartiva finanziamenti e concessioni, lasciando fuori una fascia crescente di cittadini e azzoppando, così, anche le prospettive di crescita e di benessere. Sì, estrattiva: le categorie del recente premio Nobel Acemoglu si adattano particolarmente bene al caso ligure. Dove un diritto come la salute si trasforma in privilegio. Dove i beni pubblici finiscono nelle mani di pochi.
E si adattano all’Italia tutta? Il nostro paese è, nell’Eurozona, quello in cui si sommano le maggiori disuguaglianze: personali, di genere, territoriali, fra le generazioni. Dagli anni Novanta, unici fra le economie avanzate vediamo emigrare i giovani più preparati, che cercano fortuna all’estero, mentre da noi la rendita, favorita dalla politica, prevale sull’innovazione. E siamo uno dei territori più fragili, maggiormente esposto alla crisi climatica anche per le scelte della politica. E siamo, non a caso, il paese che complessivamente è cresciuto meno.
Ecco, la Liguria esemplifica, estremizzandolo, il dilemma di fondo dell’intero paese. E il caso Toti è l’ostentazione patologica di un problema nazionale. Anche per questo le elezioni liguri di domenica sono importanti. Per i riflessi che avranno sulla politica nazionale, certo.
Ma perché la scelta fra Marco Bucci e Andrea Orlando è quella fra la destra, al governo, che rivendica con orgoglio i favori agli amici a scapito della collettività, in continuità con il modello che ha portato all’attuale disastro; e un centro-sinistra centrato sulle competenze e il contrasto alle disuguaglianze, che vuole cambiare radicalmente registro e, in questo modo, può ritrovare anche la strada dello sviluppo e del benessere. Su questo si gioca il destino dell’Italia.
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