- Nei giorni scorsi circa ottomila persone (tra i quali oltre mille minorenni) hanno attraversato l’anomalo confine di Ceuta tra Marocco e Spagna.
- Due chilometri di mare fatti a nuoto, qualcuno aggrappato a materassini fatti con bottiglie legate insieme per riuscire a stare a galla, per poi arrivare su una spiaggia dove dopo aver preso un sacco di botte, seimila di loro sono stati ricacciati indietro.
- La più grande deportazione forzata della storia europea del dopoguerra, in barba all’obbligo che tutti gli stati hanno di rispettare il diritto d’asilo.
Nei giorni scorsi circa ottomila persone (tra i quali oltre mille minorenni) hanno attraversato l’anomalo confine di Ceuta tra Marocco e Spagna. Anomalo perché è in territorio africano, eredità delle colonie. Anomalo perché difeso da muri, reticolati stesi in terra e in acqua che dovrebbero impedire il passaggio di migranti verso l’Europa.
Due chilometri di mare fatti a nuoto, qualcuno aggrappato a materassini fatti con bottiglie legate insieme per riuscire a stare a galla, per poi arrivare su una spiaggia dove dopo aver preso un sacco di botte, seimila di loro sono stati ricacciati indietro. Espulsi dal territorio europeo senza che venisse loro permesso di farsi riconoscere, di poter chiedere lo status di rifugiato.
La più grande deportazione forzata della storia europea del dopoguerra, in barba all’obbligo che tutti gli stati hanno di rispettare il diritto d’asilo. Ancora morti e feriti in nome della presunta difesa della nostra sicurezza.
Come la Libia e la Turchia, anche il Marocco utilizza la sua frontiera per giochi politici ed economici: quando l’Europa elargisce danaro, questi Paesi accettano di fare il lavoro sporco e di trasformarsi in posto di frontiera per delega. Quando qualche cosa va storto, nel caso di Ceuta una ritorsione contro la decisione della Spagna di ricoverare in ospedale il leader degli autonomisti del Sahara occidentale, questi paesi allargano le maglie utilizzando la vita di esseri umani come strumenti di pressione.
Spagna, Italia e Grecia sono la brutta faccia di una Europa che cancella le sue tradizioni democratiche e progressiste, indifferente alle sorti di donne, uomini e di bambini che vengono lasciati morire in mare, o che vengono rinchiusi in campi di concentramento dove torture, stupri, schiavismo sono all’ordine del giorno, delegando ad altri, profumatamente ricompensati, le violazioni dei diritti che se praticate in patria sarebbero inaccettabili.
«Le migrazioni sono un fenomeno complesso e il sistema attuale non funziona», ha detto la presidente della Commissione europea Von der Leyen. Non funziona perché le migrazioni sono un fenomeno insito nella natura umana, non arrestabile oggi più che ieri perché lo squilibrio tra paesi poveri e paesi ricchi è mostruosamente grande e le vie di comunicazione sempre più estese. E perché oggi più che ieri chi decide di affrontare il lungo viaggio non ha nulla da perdere e, pur consapevole di rischiare la vita, sceglie di provarci semplicemente perché non ha alternative.
A queste persone, ciascuna con un nome e una storia sempre drammatica di miseria, di persecuzione o di guerra, la culla della civiltà continua a rispondere con ferocia e barbarie.
Si sta costruendo in questi giorni il nuovo Patto Europeo per l’immigrazione e l’asilo. Un nome che all’apparenza promette bene, ma che nella sostanza ripropone, con un ulteriore importante aumento di aiuti a quei Paesi che si sporcano le mani al posto nostro come la Libia, il Marocco, la Turchia e la Bosnia, le politiche peggiori di un continente, il nostro, che ha scelto di rinunciare alla sua migliore storia e alla sua migliore cultura.
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