La ripresa della routine lavorativa di questa tarda estate si era finalmente scossa con una saga sugosa anche se in fondo banale. Nella penuria di novità del panorama italiano, la telenovela di rivelazioni e sospetti pecorecci aveva creato giorni di eccitazione e picchi di dopamina che rimpiangeremo.

La fine politica di Sangiuliano non terminerà la saga ma ci permette di tirare le fila di una storia che, nata per noia divertita e finita nel giusto ludibrio, ha veramente pochi elementi sorprendenti. Nonostante il clamore pubblico e la giusta insistenza di alcuni mezzi di informazione, la struttura della storia è tutt’altro che nuova. Eccone lo schema.

Un maschio mediocre occupa indegnamente un posto di potere dal quale cerca di ottenere riscatto pubblico e benefit privati che non merita. Promette a una donna un pezzo del potere che possiede ma poi viola la promessa, fermato dalla moglie o dai consiglieri. Emerge il problema e il clan fa quadrato intorno al mediocre per proteggere sé stesso, cioè tutti gli altri casi analoghi. Ma – e questa è l’unica novità di una storia altrimenti già vista – la donna non solo non tace ma mostra capacità di comunicazione e gestione della situazione ben superiori a tutti gli altri e mette sotto scacco il mediocre.

Politici e giornalisti gridano (giustamente) allo scandalo e chiedono una sacrosanta operazione di trasparenza per l’uso disinvolto del potere. Il politico mediocre si dimette con somma vergogna. La prima lezione che possiamo trarre da questa vicenda è in fondo positiva e lascia una certa speranza: il maschio potente ma evanescente soccombe di fronte all’intelligenza spregiudicata di una donna che, per principio o per interesse, non china il capo. La seconda lezione è meno confortante.

In questa dinamica, per certi aspetti simile a tanti altri scandali, l’attenzione mediatica viene nutrita dalle gaffes comunicative del protagonista stesso e dall’abilità della donna nel mostrare l’inadeguatezza del maschio che è talmente mediocre da essere lui stesso a spiattellare gli elementi scabrosi e pecorecci che fino a quel momento in pochi avevano nominato. Sorprendentemente, la richiesta di verità e trasparenza non deriva da un lavoro dei cronisti e lo scavo giornalistico si attiva su sollecitazione dei protagonisti stessi.

La campagna mediatica

Quindi, la campagna mediatica verso Sangiuliano ha avuto successo perché il personaggio in questione era già ampiamente squalificato e non ha fatto che aggravare la sua posizione nel corso degli eventi. Ma se consideriamo la sostanza dello scandalo (l’accesso ad alcuni incontri e luoghi di potere di una persona non ufficialmente nominata e controllata) siamo lontani da altri casi, ben più scandalosi e pruriginosi.

Ricordiamo solo che la caduta dell’ultimo governo Berlusconi portò alla luce scambi politico-sessuali di natura ben più vergognosa della vicenda attuale.

Ciò fa emergere il sospetto che la giusta attenzione verso Sangiuliano sia in fondo una forma di strabismo pubblico. Il politico debole e macchiettistico – che per altro si complica la vita da solo – riesce ad essere crocefisso perché è debole e perché ha fatto casino, mentre i pesci più grossi possono sfangarsela.

Il governo Berlusconi cadde in seguito a quegli scandali ma non tanto a causa dell’ondata di indignazione pubblica che fu ampiamente combattuta da corifei e finte voci terze: senza la crisi debitoria e le pressioni internazionali le cose sarebbero andate diversamente.

Se c’è una lezione è che il grado di attenzione esercitato in questo caso dovrebbe essere applicato anche in tanti altri. Che in ballo ci siano questioni pubblico-private o puramente politiche, il politico ha un dovere di rispondere dei propri atti e delle proprie parole (accountability) che dobbiamo esigere sempre. La giustissima perentorietà nel denunciare le evidenti balle raccontate da Sangiuliano dovrebbe essere applicata sempre, non solo per punire un piccolo miracolato dalla storia.

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