Il 10 ottobre ricorrono due giornate internazionali: quella sulla salute mentale e quella contro la pena di morte. Due argomenti all’apparenza lontani, che possono però essere anche intimamente connessi. Come insegnano gli Stati Uniti
Nel 1992, dopo 14 ricoveri a causa di ripetuti attacchi di schizofrenia paranoide, “su suggerimento di Dio” Scott Panetti cessò di prendere le medicine, si rasò i capelli a zero, indossò una divisa militare e sparò ai suoceri, uccidendoli. Si consegnò alla polizia dicendo di aver agito sotto il controllo di un tale “Sergente Cavallo d’acciaio” e con le “risate del Demonio” nelle orecchie.
Al processo, nel 1995, si presentò vestito da cowboy, rifiutò l’avvocato e chiese che venissero a testimoniare in sua difesa Gesù Cristo, John Fitzgerald Kennedy, altre 200 persone morte da tempo e anche alcune allora in vita, come papa Giovanni Paolo II e l’attrice Anne Bancroft. Menzionò pure un’altra attrice, la Laura Dern dei numerosi film di David Lynch, sostenendo che con lei avesse avuto il primo rapporto sessuale. La giuria non batté ciglio. Venne condannato a morte.
Da allora Panetti, che nel braccio della morte aveva maturato il convincimento che lo stato del Texas volesse ucciderlo per insabbiare le sue denunce contro una rete di pedofili, ha avuto due date di esecuzione, nel 2003 e nel 2014, annullate all’ultimo minuto.
Insano di mente
Ci sono voluti decenni prima che, il 28 settembre di quest’anno, un giudice di una corte distrettuale federale, Robert Pitman, stabilisse che Panetti – ora sessantacinquenne – è troppo insano di mente per essere messo a morte: non comprende il motivo della sua condanna né perché le autorità texane vogliano metterlo a morte e la relazione tra le due cose.
“Ci sono varie ragioni per vietare l’esecuzione di una persona insana di mente: una di queste è il senso, assai opinabile, del valore retributivo della messa a morte di una persona che non comprende il significato e lo scopo della pena; un’altra è che la società intuisce che un’esecuzione del genere sarebbe semplicemente un’offesa all’umanità”, si legge nella sentenza del giudice Pitman.
L’avvocato di Panetti ha plaudito alla sentenza che “vieta così allo stato del Texas di vendicarsi contro una persona che soffre di una grave forma di schizofrenia che gli ha fatto avere un’errata percezione del mondo intorno a lui”.
Quella di Panetti non è una storia isolata né eccezionale.
Condannati a morte
Secondo le organizzazioni abolizioniste statunitensi, delle 1577 condanne a morte eseguire dal 1977 al 3 ottobre 2023, almeno 59 hanno riguardato persone affette da varie forme di disturbi mentale al momento dell’omicidio.
Raymond Riles è stato nel braccio della morte del Texas dal 1976 fino al 2021, quando finalmente la sua condanna a morte – emessa per l’omicidio di un commerciante di auto usate – è stata commutata in ergastolo. In quei 45 anni è sopravvissuto a tre date di esecuzione, fissate nonostante fosse del tutto nota la storia psichiatrica familiare: lui e sei parenti, prima del 1976, tutti ricoverati a lungo presso strutture di salute mentale.
Il 26 giugno 1986, con la sentenza Ford contro Wainwright, riguardante una condanna a morte nello stato della Florida, la Corte suprema federale ha stabilito che non possono essere messe a morte persone che non siano consapevoli dell’imminente esecuzione e delle ragioni per le quali la sentenza viene applicata. Dal punto di vista giuridico, sono “incapaci” o “prive di competenza”. Ma la massima corte ha lasciato ai singoli stati la valutazione su chi rientri o meno nella definizione.
Così, sempre nello stato del Texas, si trovano tuttora in attesa dell’esecuzione Clarence Jordan e Syed Rabbani. Jordan, convinto di essere Gesù Cristo, è nel braccio della morte dal 1978. Rabbani, che si descrive come un diplomatico straniero al servizio della Cia ed è autore di numerose denunce contro “tutte le forme di vita nelle galassie” che lo sottopongono a tortura, lo è dal 1988.
Contro la pena di morte
Quanti degli oltre 20mila condannati a morte in attesa di esecuzione nel mondo sono nelle condizioni di Panetti, Riles, Jordan e Rabbani? Dagli altri stati in cui ci sono ancora esecuzioni e in cui gli avvocati possono prendere la parola e la stampa può parlarne liberamente (ad esempio Singapore e Giappone), arrivano periodicamente storie di questo genere. Ma non conosceremo mai la reale dimensione della malattia mentale nei bracci della morte di Arabia Saudita, Cina, Iran, Egitto.
Nel 2014 questo fu il tema della Giornata mondiale contro la pena di morte, che si celebra ogni anno il 10 ottobre. A distanza di quasi un decennio, sarebbe importante che l’argomento venisse affrontato di nuovo.
© Riproduzione riservata