- Arrivano dalle autorità congolesi locali le notizie di arresti riguardanti possibili esecutori materiali dell’azione criminale, novità che ci auguriamo possano segnare una svolta decisiva.
- Siamo stati sin qui di fronte a una serie crescente di interrogativi inquietanti che devono trovare assolutamente una risposta.
- Senza volersi sostituire, in alcun modo, al ruolo della magistratura, non possiamo che dire che la questione “Attanasio” sia una questione nazionale ed europea.
La drammatica vicenda che ha portato in Congo, nell’area di Goma, il 21 febbraio dell’anno scorso, alla morte dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci, di Mustapha Milambo merita il massimo dell’attenzione da parte della comunità internazionale e delle diverse istituzioni coinvolte.
Lo scrivo anche ora, proprio quando arrivano dalle autorità congolesi locali le notizie di arresti riguardanti possibili esecutori materiali dell’azione criminale, novità che ci auguriamo possano segnare una svolta decisiva.
Come infatti ha raccontato anche questo giornale siamo stati sin qui di fronte a una serie crescente di interrogativi inquietanti che devono trovare assolutamente una risposta.
In particolare le istituzioni nazionali ed europee - che come ha ricordato anche il padre dell’ambasciatore, Salvatore Attanasio, non possono chiamarsi fuori in alcun modo - dovevano e dovranno fare sentire la loro voce perché le autorità congolesi garantiscano la piena sicurezza di chi è chiamato a svolgere in questa fase delicatissima, per parte italiana, le indagini (in un certo senso a maggior ragione proprio ora, quando affiorano alcune novità).
Non solo.
L’organizzazione mondiale delle Nazioni unite nel suo complesso e il Pam in particolare - l’agenzia responsabile del programma alimentare mondiale Onu - sono chiamate a offrire in modo trasparente e inequivocabile il massimo dell’apporto, cosa che sin qui non è certamente avvenuta, anche al fine di fugare ogni dubbio circa possibili sottovalutazioni relative alla sicurezza, questione a cui proprio il Pam doveva provvedere, dello stesso Ambasciatore.
In particolare, da quanto si apprende attraverso articoli pubblicati su questo e altri organi di informazione, ha destato sino ad ora più di una preoccupazione il ruolo giocato da Mansour Rwagaza, dirigente del distaccamento locale del Pam e attualmente presente nel registro degli indagati, e non può che suscitare più di un interrogativo, che ci auguriamo possa essere confutato rapidamente, la condotta generale dei suoi superiori.
Senza volersi sostituire, in alcun modo, al ruolo della magistratura, che ancora una volta va semplicemente sostenuta nella ricerca della verità, non possiamo che dire che la questione “Attanasio” sia una questione nazionale ed europea.
Siamo di fronte infatti a servitori dello stato che hanno perso la vita, a ombre e a dubbi delle scorse settimane che vanno spazzati via.
Recentemente proprio il ministro Di Maio ha inviato una lettera al direttore del Programma alimentare mondiale chiedendogli di contribuire a far luce su quanto avvenuto.
Di Maio ha sottolineato come l’Italia si attenda una «rapida risposta alla richiesta di elementi utili per le attività investigative in corso». Credo che il ministro si sia mosso molto correttamente e le sue parole ritengo che suonino ancora più valide oggi quando, cioè, si deve lavorare in profondità affinché vengano assicurati alla giustizia tutti i colpevoli e siano individuati eventuali complici o addirittura eventuali mandanti di quanto è accaduto.
Su Luca Attanasio, il suo operato esemplare, lo spessore morale, la condotta solidale di grande sostanza, condotta peraltro mai esibita strumentalmente, è stato detto e scritto molto.
Se quelle parole sono state autentiche e condivise si deve essere tutti conseguenti, nessuno escluso, mettendo in campo il massimo operato per assicurare verità, giustizia e, aggiungo, “memoria”.
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