E così abbiamo il primo “pesce grosso” caduto nella rete, il primo nome eccellente che affaccia nei misteri di Matteo Messina Denaro. Altro che amanti, altro che covi con vista piazza o i selfie con i medici, i messaggi scambiati con le pazienti, le calamite con il Padrino Marlon Brando appiccicate sul frigorifero, le storie di corna e gelosia. Finalmente la latitanza ignota di Matteo ci consegna dopo quattro mesi di fuffa una vera notizia: Giletti.

Era ora. Non se ne poteva più di chiacchiere e maldicenze sulla povera popolazione di Campobello di Mazara, su quella massa di fiancheggiatori consapevoli e inconsapevoli (più plotoni di investigatori che hanno bivaccato per un decennio in paese, più i carabinieri della locale caserma, più i vigili urbani e i sindaci e gli assessori e gli attivisti dell'antimafia che non si sono mai accorti di nulla) che hanno coperto un boss ricercato dalle stragi.


L’armonia rotta

A restare incagliato negli intrighi mafiosi siciliani è per la prima volta uno che fa cartellone, che non è un Luppino o un Bonafede qualunque, cognomi che si rincorrono da almeno un quarto di secolo nelle indagini sui Messina Denaro.

Si chiama Massimo Giletti e gli hanno chiuso violentemente il suo programma, la trasmissione domenicale di La7 Non è l'arena per ragioni non ancora del tutto note ma che conducono alle sue serate domenicali sull'arresto del mafioso di Castelvetrano.

Premesso che non sono un appassionato di infotainment come lo sono schiere di procuratori della repubblica, premesso che preferisco un altro tipo di giornalismo, bisogna ammettere che il programma di Giletti negli ultimi mesi ha rotto e non poco l'“armonia” che si era creata intorno alla soffice cattura di Matteo Messina Denaro.

Una presa dell'uomo quasi telefonata, morbida. Non sarà stato alto il gradimento del comando del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri per le rivelazioni a ripetizione andate in onda a Non è l'arena, soprattutto la prima, quella del dicembre scorso. Con il gelataio Salvatore Baiardo, amico e portavoce dei fratelli Graviano, che ha annunciato come un mago l'imminente resa di Matteo Messina Denaro. Evento che si è puntualmente verificato un mese dopo.

Poi tutto il resto. Confessioni a puntate dell'indovino su stragi e dintorni, su tane di latitanti, sulla trappola tesa a Totò Riina. Sicuramente non una buona pubblicità per il Ros dei carabinieri, decisamente controcorrente rispetto alle cronache laccate dei maggiori quotidiani d'informazione. Da qualsiasi parte lo si veda, il racconto di Giletti ha avuto effetti disturbanti su un caso che avrebbe dovuto mantenere una piega molto ordinata.


I pizzini via cavo

Con attore principale sempre quel Baiardo che ha inviato i suoi pizzini via cavo, messaggi di qua e di là con la tecnica del dico e non dico, del prometto o minaccio. Fino all'inaspettata chiusura del programma su La7.

Le indiscrezioni successive, svelate ieri su questo giornale, evidenziano una spaccatura fra il conduttore e il suo ex ospite fisso intorno a una faccenda che fa veramente sensazione: una foto che ritrae Silvio Berlusconi con i fratelli Graviano e con il generale Francesco Delfino, quest'ultimo regista occulto della cattura di Totò Riina a cavallo fra il 1992 e il 1993. Una foto che potrebbe spiegare certi patti più di cento processi.

Massimo Giletti ha sostenuto davanti ai procuratori di Firenze che indagano sulle stragi che Baiardo gli ha mostrato quella foto, il gelataio smentisce. Non è che la cacciata di Giletti da Non è l'arena ruoti proprio intorno a questo episodio? Non è che il talk show è stato bloccato perché si stava entrando in un campo minato? C'è qualcosa di indicibile nell'allontanamento di Giletti, è difficile pensare che si tratti solo di «scelte di politiche televisive».

Sulle due opposte testimonianze non vale la pena di perdere troppo tempo. Dovremmo credere a un doppiogiochista, un abile prestigiatore che da trent'anni galleggia fra i fratelli Graviano di Brancaccio e chissà chi o a un giornalista che di sua spontanea volontà già qualche mese fa si è presentato ai magistrati di Firenze?

Oggi Baiardo fa sapere che «forse mi vedrete a Mediaset», è alle stampe anche un suo libro che finirà sugli scaffali a metà maggio. Salvatore Baiardo fa sempre Salvatore Baiardo, continua ad interpretare sé stesso. L'insegnamento che possiamo comunque trarre dall'intera vicenda è uno. La mafia è materia molto complicata anche quando tutto appare semplice, è materia da maneggiare con cura.

© Riproduzione riservata