L'agitazione del governo italiano e delle testate a esso vicine fa piacere: tutto sommato c'è da ritenersi soddisfatti. Significa che sono stati sufficienti due rapporti europei particolarmente severi sullo stato di diritto, la libertà di stampa e il pluralismo dei media in Italia – quello della Commissione europea e quello del consorzio Media Freedom Rapid Response (MFRR) - perché un’ondata di panico senza precedenti dilagasse nei circoli dirigenti del paese.

Domenica la premier Giorgia Meloni ha interrotto brevemente la sua visita ufficiale in Cina per scrivere alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen una lettera che avrebbe potuto essere firmata da Calimero. Martedì la stampa populista ultraconservatrice ha scatenato una campagna di propaganda dai toni neofascisti, non esitando a consegnare alla vendicatività dei lettori una lista di «giornalisti anti Meloni» che a suo dire avrebbero ispirato i rapporti europei.

Meloni ha tutto il diritto di cercare di difendere i suoi disastrosi risultati in materia di libertà di stampa e pluralismo dei media. E d'altra parte io, come responsabile della principale organizzazione che rappresenta i giornalisti in Europa, non posso che condannare la pratica neofascista di pubblicare liste di nomi di professionisti dei media presentati come presunti “nemici" della signora Meloni.

Un atto irresponsabile

Esporre i giornalisti alla vendetta in questo modo significa esporli al rischio di rappresaglie violente da parte di ambienti radicali, che si sentirebbero legittimati dalla retorica vendicativa di chi detiene il potere politico. È un atto pernicioso e irresponsabile.

I giornalisti accusati hanno semplicemente fatto il loro dovere nell'interesse pubblico: hanno denunciato le inadempienze del governo quando questo minaccia il diritto fondamentale dei cittadini italiani di accedere a un'informazione libera, indipendente e pluralista.

Invece di rispondere ai problemi fondamentali evidenziati dai due rapporti europei, a partire dalla presa politica del sistema radiotelevisivo pubblico italiano e di una delle principali agenzie di stampa del paese, e dalle molestie e intimidazioni giudiziarie nei confronti dei giornalisti da parte dei politici, la classe dirigente e i suoi organi di propaganda cercano di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica accusando il messaggero.

La giornalista e filosofa tedesca Hannah Arendt ha descritto bene il meccanismo con cui il nazismo ha creato un terreno fertile per la diffusione delle sue idee nell'opinione pubblica tedesca. Non si trattava di mentire al popolo, ma di farlo dubitare di tutto, ricorrendo alla confusione e al relativismo e screditando i contrappesi legittimi.

Confusione creata ad arte

Nell'intervista con lo scrittore francese Roger Errera, registrata nell'ottobre del 1973, Hannah Arendt ha detto: «Una volta che non abbiamo più una stampa libera, tutto può accadere. Ciò che permette a una dittatura totalitaria o a qualsiasi altra dittatura di regnare è che la gente non è informata; come si può avere un'opinione se non si è informati? Quando tutti ti mentono continuamente, il risultato non è che credi alle bugie, ma che nessuno crede più a niente (...) E un popolo che non può più credere a niente non può formarsi un'opinione. È privato non solo della capacità di agire, ma anche della capacità di pensare e di giudicare. E con un popolo così si può fare quello che si vuole».

Questo è esattamente ciò che sta accadendo in Italia. È esattamente questo il senso della recente campagna antigiornalistica condotta dalla stampa ultraconservatrice al soldo di chi è al potere. Generare una confusione diffusa e alimentare il dubbio permanente.

Martedì i propagandisti hanno deliberatamente creato confusione tra i due rapporti europei, che hanno metodologie e fonti completamente diverse. La maggior parte di loro ha cercato di far credere che questi rapporti fossero stati co-prodotti, o persino co-scritti, da un presunto gruppo – inventato di sana pianta – di «giornalisti anti-Meloni». Invece i giornalisti citati in calce al report sono stati semplicemente intervistati come testimoni di violazioni della libertà di stampa, come è stato fatto con molte altre fonti, e dagli autori del solo rapporto MFRR.

Nessuno dei media filogovernativi menziona che pure diversi membri del governo italiano siano stati contattati dagli investigatori del MFRR e che nessuno di loro abbia risposto positivamente all'invito a discutere della situazione della libertà di stampa in Italia.

La menzogna di Meloni

Il 30 luglio, a Pechino, la stessa Meloni ha alimentato la confusione dichiarando che il rapporto della Commissione europea sullo Stato di diritto era stato influenzato da «parti interessate» da lei nominate: «Domani, Il Fatto Quotidiano, Repubblica». Si trattava di una vera e propria menzogna, poiché sapeva benissimo che i rappresentanti di questi media non erano stati consultati dall'Unione europea. I giornalisti di queste testate sono stati semplicemente intervistati, come molti altri, dagli investigatori del MFRR.

L'evidenza è chiara: a Meloni e alla stampa propagandistica al suo soldo importa poco dei fatti. Ciò che conta per loro è creare confusione e screditare le voci indipendenti che difendono il diritto dei cittadini italiani ad accedere alle informazioni.

Su scala europea, l'agitazione di chi è al potere sembrerebbe quasi burlesca se non comportasse un rischio reale per i giornalisti italiani e per la democrazia. Nessuno in Europa crede alla retorica promossa dalla stampa italiana ultraconservatrice. Nessuno crede a Meloni. Al contrario, tutti sono ben consapevoli dei pericoli che minacciano la Repubblica italiana.

L'agitazione della premier ci farebbe sorridere se non portasse con sé l'ombra di un graduale ma rapido spostamento verso l'illiberalismo.

Come rappresentante di questa bella professione al servizio del pubblico e della comunità, resto ottimista. Perché so che il giornalismo, quello vero, rispettoso dei fatti e dell'etica, resta il miglior antidoto alla disinformazione e agli eccessi totalitari.

Ricardo Gutiérrez è il segretario generale della European Federation of Journalists, che fa parte – con International Press Institute, European Centre for Press and Media Freedom, Article 19 Europe e Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa – della Media Freedom Rapid Response. Il team ha svolto una missione urgente in Italia e ha pubblicato lunedì il rapporto ”Silencing the fourth estate: Italy’s democratic drift” (Silenziare il quarto stato: la democrazia in bilico in Italia)

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