- L'Europa non può limitarsi a guardare impotente le persone in movimento che muoiono in mare. Serve una politica migratoria che metta al centro i diritti delle persone.
- Dal 2014, oltre 26mila persone sono scomparse nel Mediterraneo, secondo i dati raccolti dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni. Le bare delle persone morte nel naufragio rendono palese la politica migratoria fallimentare dell'Europa.
- Quando si tratta di politica migratoria, l'unica preoccupazione dell'Ue è impedire alle persone in movimento di raggiungere in sicurezza l’Europa.
L'Europa non può limitarsi a guardare impotente le persone in movimento che muoiono in mare. Serve una politica migratoria che metta al centro i diritti delle persone.
L'orribile naufragio del 26 febbraio al largo di Cutro, nel sud Italia, ha causato la morte di oltre 70 persone, mentre quasi 60 sono ancora disperse. Un duro promemoria di come il Mediterraneo rimanga la rotta migratoria più mortale conosciuta al mondo.
Le morti
Dal 2014, oltre 26mila persone sono scomparse nel Mediterraneo, secondo i dati raccolti dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni. Le bare delle persone morte nel naufragio rendono palese la politica migratoria fallimentare dell'Europa.
Recenti rivelazioni sui media suggeriscono anche che questa tragedia avrebbe potuto essere evitata. In un gioco senza senso, le autorità italiane e l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera - Frontex - continuano a sottrarsi alle proprie responsabilità per il mancato intervento Sar di ricerca e soccorso.
Secondo Frontex, le autorità italiane hanno ignorato i suoi avvertimenti, basati su segnali di ricognizione e «risposta termica» della barca, che indicavano che il caicco trasportava un gran numero di persone. Le autorità italiane non hanno classificato la comunicazione di Frontex come «emergenza» e hanno mobilitato una «operazione di polizia» invece di un'operazione di ricerca e soccorso.
L’Europa
A peggiorare le cose, mentre le attività di ricerca e soccorso e di sbarco non sono attualmente coperte da un quadro giuridico comune dell'Ue, le operazioni di ricerca e soccorso condotte dalle Ong sono pesantemente criminalizzate dagli Stati membri.
All'inizio di febbraio la Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe) del Parlamento europeo ha inviato una lettera alla commissaria per gli affari interni Ylva Johansson, esprimendo forti preoccupazioni per le nuove norme restrittive applicate alle navi civili di ricerca e soccorso introdotte dal Governo italiano di estrema destra. Non è passato neanche un mese e cadaveri di uomini, donne e bambini si riversano sulle coste italiane.
Ogni volta che si verificano tragedie come questa, l'ondata di ipocrisia politica è difficile da digerire.
In una lettera inviata in risposta al premier italiano, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, scrive che «la migrazione è una sfida che fatichiamo ad affrontare e che richiede soluzioni fondamentali e globali. Soluzioni che possono essere raggiunte solo agendo insieme».
Von der Leyen si dice «profondamente rattristata dal terribile naufragio» sui suoi social media, eppure ha colto l'occasione per spingere le sue proposte sulla migrazione: il Patto su migrazione e asilo e il piano d'azione sul Mediterraneo centrale.
Nel frattempo, il suo gruppo politico, il Partito popolare europeo e molti Stati membri dell'Ue stanno raddoppiando i loro sforzi per rafforzare la Fortezza Europa, chiedendo fondi dell'Ue per costruire muri e recinzioni al confine dell'Ue e conducendo una crociata contro le Ong, criminalizzando il loro lavoro salvavita. Questo non è ciò che intendiamo per «agire insieme».
Dobbiamo dirlo forte e chiaro: il Mediterraneo sta diventando il cimitero dell'Europa non a caso o per una sfortunata circostanza. È il risultato di scelte politiche deliberate, perseguite ad ogni costo, compresa la vita delle persone.
L’unica preoccupazione
Quando si tratta di politica migratoria, l'unica preoccupazione dell'Ue è impedire alle persone in movimento di raggiungere in sicurezza l’Europa. Che si tratti di stringere accordi con paesi terzi con dubbie violazioni dei diritti umani per impedire le partenze, coprire i respingimenti illegali o portare avanti una politica migratoria che mina sistematicamente i diritti fondamentali, in particolare il diritto di asilo.
Cercare sicurezza dal conflitto o dall'oppressione e cercare una vita migliore per sé e la propria famiglia è normale. Ma finché non avremo percorsi semplici, sicuri e legali verso l'UE, le persone non avranno altra scelta che imbarcarsi su barconi, affidarsi nelle mani dei trafficanti e iniziare uno dei viaggi più pericolosi del mondo.
Le persone hanno diritto all'asilo. È una questione di diritti fondamentali e dignità umana. È giunto il momento che i leader dell'UE interrompano i giochi politici che costano innumerevoli vite e agiscano: serve una politica migratoria dell'UE umana che garantisca rotte sicure e legali in modo che le persone possano venire in Europa con dignità, senza rischiare la vita.
Non facciamo naufragare l’umanità.
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