- Sono in un oscuro e ovattato appartamento da qualche parte in centro a Torino. La signora che mi accoglie ha un’età non identificabile, un abito molto vistoso e un turbante in raso incestato di ricami. Sul tavolo c’è un mazzo di tarocchi marsigliesi
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«Quindi vuoi sapere il futuro della moda?», mi chiede a bassa voce. «Sì. Il futuro…della moda..», rispondo io esitante. «Cambierà tutto», dice con una voce senza tono.
- Questo racconto si trova sull’ultimo numero di FINZIONI – il mensile culturale di Domani. Per leggerlo abbonati a questo link o compra una copia in edicola
Sono in un oscuro e ovattato appartamento da qualche parte in centro a Torino, pieno di carte da parati, di cuscini, di libri e di decine di soprammobili. La signora che mi accoglie ha un’età non identificabile, una faccia tesa con la fronte alta e piatta, un abito molto vistoso e un turbante in raso incestato di ricami. Mi accoglie con un sorriso freddo e mi fa sedere di fronte a lei, davanti ad un piccolo tavolo rotondo basso. Sul tavolo c’è un mazzo di tarocchi marsigliesi.
Le sue mani magre lo prendono e mescolano le carte mentre la signora, che si fa chiamare semplicemente Anna, mi fissa negli occhi.
«Quindi vuoi sapere il futuro della moda?», mi chiede a bassa voce.
«Sì. Il futuro…della moda..», rispondo io esitante.
La signora si aggiusta un riccio biondo sfuggito al turbante, abbassa gli occhi sul tavolo, estrae tre carte, le osserva e alza gli occhi verso di me.
«Cambierà tutto», dice con una voce senza tono.
L’imperatore
Quando Finzioni mi ha chiesto di scrivere un pezzo sull’oroscopo della moda del 2023 non pensavo intendessero la questione in una maniera così letterale.
Comincio a sentirmi a disagio e mi accorgo di non essermi tolto il cappotto. L’appartamento, grande, borghese e vagamente decadente è molto caldo. La luce arriva da una serie di lampade piazzate su mobili, mobiletti e tavolini a loro volta appoggiati su vecchi tappeti. C’è un odore di stantio, di muffa ma anche di vaniglia, di rose, forse di tuberosa.
«In che senso cambierà tutto?», le chiedo spiazzato.
«Vedo un Imperatore rovesciato vicino alla Casa di Dio significa che una persona di grande potere nel vostro mondo cadrà, perderà la sua posizione».
Penso subito ad Anna Wintour che salendo le scale del Met cade e si procura una frattura scomposta, riempiendo di sangue il suo abito di Chanel Couture.
«Ma no amore. È un uomo. Non una donna», mi dice con il tono di che rispiega a un bambino la tabellina del due per la decima volta, mentre io mi domando se sappia anche leggere nel pensiero.
«Un uomo?». Ormai penso che sopporterò le sue farneticazioni per il tempo che vuole e appena uscito cercherò una trattoria in cui strafogarmi di vitello tonnato.
«Sì. Un uomo molto potente. Non giovanissimo. Uno che ha in mano le redini della moda. E…aspetta. C’è anche un altro uomo. Anche lui potente. Anche lui è rovesciato».
Due uomini potenti. La mia mente non arriva a formulare nessuna ipotesi. Starà parlando di qualche direttore creativo? Demna? Alessandro Michele? Forse sta prevedendo il fallimento di Jaquemus? O parla di qualche mega direttore di giornale?
Continua quasi distrattamente ad estrarre carte che si accumulano una vicino all’altra senza un senso apparente.
«Ecco, vedi? Qui c’è l’Imperatore. Sta vicino al Papa e alla Casa di Dio. Questi due signori perderanno i propri poteri ma sarà una fine benefica. Ecco il Giudizio. Ci sarà una rinascita».
Mentre mi domando se Tom Ford e Domenico de Sole apriranno una scuola di ashtanga yoga a Bali Anna si ferma, esita, poi spalanca gli occhi e prende in mano una carta.
«Vedo un uomo. Un cavaliere bianco. Un’anima impavida. Un transfuga. La carta del Matto. Sta vicino alla spada della giustizia. Vincerà lui alla fine». Di nuovo mi guarda e accenna quello strano mezzo sorrido.
Il regno dei giusti
Comincio a pensare che venire da Milano di sabato mattina per sentire questa Anna vaticinare cose senza senso non sia stata una grande idea. Però ormai sono lì e l’idea di alzarmi e andarmene semplicemente mi terrorizza.
«Un transfuga? Scusi ma credo che così sia un po’ difficile per me capire a chi si stia riferendo. Insomma, faccio un po’ fatica a dare un senso a quello che dice».
«Guarda». La cartomante sbarra gli occhi, li punta su di me in un modo ancora più penetrante e con il lungo dito indice indica una carta. C’è scritto Giustizia.
«Questa carta annuncia il regno dei giusti. Capisci?».
No. Ovviamente non capisco ma decido di comportarmi come se capissi.
«Ah. Certo». Giustizia. Penso si riferisca al fatto che il mondo della moda oggi è molto poco sostenibile, è molto inquinante. Sfruttano il lavoro sottopagato. Soprattutto le catene di fast fashion. Giustizia sociale insomma.
Tutto cambia
«Vuole un tè?». Ana si alza. Noto solo ora che indossa un lungo vestito in seta stampata esageratamente elegante per essere le dieci del mattino di sabato. È sui toni del viola e mentre la fisso mi domando se nel regno delle cartomanti quel colore non porti sfortuna. Probabilmente no.
Continuo a fissarla mentre si allontana verso la cucina, in fondo al corridoio. Torna dopo poco con un vassoio con una teiera e due tazze in ceramica sbeccate ma belle. Sopra ci sono delle bambine in abiti ottocenteschi che fanno il girotondo.
Appoggia il vassoio, mi offre la tazza e mi guarda.
«Vede questa carta? È la Ruota della Fortuna. Il re e il papa, contro la loro volontà, mettono in moto un meccanismo rivoluzionario. Come le dicevo, faranno cambiare tutto».
Faranno cambiare tutto. A questo punto mi sento spinto a trovare la soluzione dell’enigma. Esamino mentalmente tutte le coppie direttore creativo e amministratore delegato ma riesco a pensare a nessuno che possa provocare questo sconvolgimento. Forse sono Alessandro Michele che se ne va da Gucci e Demna che se ne va da Balenciaga e insieme fanno un loro brand? Magari la Casa di Dio vuol dire che vanno a stare insieme perchè hanno una relazione segreta da anni.
Dopo quasi un’ora di domande senza risposte Anna mi chiede cento Euro. Mi accompagna alla porta e mi lascia sul pianerottolo freddo.
Sono a Torino. Sono le undici di un freddo Gennaio. Io non ho una storia e tutto questo è stato una grande pagliacciata.
Mi annoto mentalmente di non dare retta a Cottafavi, l’editor di Domani, la prossima volta.
Il cavaliere bianco
È passato quasi un mese. Sono seduto aspettando che cominci la sfilata donna di Versace. L’attesa è lunghissima e tutti, me compreso, cercano di trovare qualcosa di interessante dentro i loro telefoni anche se tutti pensano ad un’unica cosa: la fusione tra Lvmh e Kering avverrà quel pomeriggio.
Improvvisamente i telefoni vengono inondati da valanghe di notifiche. Quel ristretto mondo di pazzi si avventa sui cellulari e fissa incredulo lo schermo che rimanda una notizia senza senso.
Il protagonisti del più grande merger della storia della moda, il gruppo Lvmh e il gruppo Kering, i due giganteschi poli del lusso mondiale che stavano per diventare un’unica cosa, semplicemente non esistono più.
Bernard Arnault e Antoine Pinault non solo non hanno firmato la fusione ma hanno dato mandato ai propri avvocati per smembrare i due gruppi, farli a pezzi e venderne le singole parti.
Dopo minuti convulsi in cui si pensa ad una manovra della mafia, ad un omicidio suicidio ma anche all’atterraggio degli extraterrestri arriva un comunicato stampa condiviso che in poche parole spiega tutto.
«Il Gruppo Lvmh e il Gruppo Kering avrebbe dovuto oggi formalizzare la fusione societaria. Il pensiero comune dei board, condiviso dagli investitori, è stato però di non procedere. La fusione avrebbe creato di fatto un monopolio nel mondo del lusso privando tutti gli altri attori di ogni tipo di libertà. La moda ha bisogno di libertà per crescere e svilupparsi e le due società, nel corso degli ultimi anni, hanno invece creato gabbie che lo hanno impedito. Di comune accordo Lvmh e Kering da domani non esisteranno più. I singoli marchi verranno messi sul mercato e vivranno di vita propria. Sappiamo che senza le risorse che avevano a disposizione saranno più fragili ma siamo certi che la libertà di cui godranno li porteranno, tutti, verso nuovi, incredibili, traguardi».
Poi diventa tutto molto strano. La sfilata è cominciata ma mentre Irina cammina in passerella con un costume da bagno in maglia metallica la gente comincia ad andarsene, anzi a scappare. Prima solo alcune persone sparse, poi tutti in massa.
Io rimango fermo perché non ho mai visto succedere niente del genere.
La sfilata continua di fronte a quasi nessuno. Guardo di nuovo il mio telefono e capisco. Il primo a dare la notizia e Business of Fashion: Alessandro Michele si è comprato Gucci. Il cavaliere bianco. L’anima impavida. Il transfuga. Ora capisco tutto.
Mentre Donatella Versace esce in passerella di fronte a meno di dieci persone io sento di aver bisogno di ridere. Di ridere fortissimo. Fino allo sfinimento. E lo faccio. Lì, da solo, mentre fuori il mondo della moda non esiste più.
Questo racconto di fantasia è dedicato a Marco Parma aka Paolo Pietroni, autore di Sotto il Vestito Niente.
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