Un mondo pieno di rabbie contrapposte diventa peggiore. In guerra tutti sono arrabbiati con tutti, per motivi giusti o sbagliati. Lasciarsi guidare dalla rabbia basata sulle proprie ragioni permette all’avversario di fare altrettanto
Cresce la rabbia e si moltiplica. Cresce perché non si arrestano i bombardamenti su Gaza con decine di migliaia di vittime civili, da far impallidire l’antico “occhio per occhio”. Cresce perché sono stati uccisi in poche settimane oltre 66 giornalisti nella Striscia mentre nella guerra di Ucraina in quasi tre anni meno di venti.
Cresce perché è ormai chiaro che le regole di ingaggio dei soldati israeliani sono di sparare alla cieca su tutto ciò che si muove, abbattendo senza imbarazzo anche i propri concittadini, inclusi gli ostaggi, oltre che povere donne cristiane in cerca di un bagno.
Cresce perché il gabinetto di guerra israeliano sembra sordo ai consigli dei propri alleati e ammette la distruzione di chiese, scuole, moschee e ospedali. Cresce perché non si ricordano più le 1.400 vittime di Hamas, atrocemente trucidate, e i terroristi paiono aver vinto la battaglia della comunicazione e della propaganda.
Cresce la rabbia perché le donne israeliane barbaramente violentate, torturate e uccise sembrano valere di meno delle altre, almeno nelle università americane e inglesi. Cresce perché dei bambini israeliani uccisi e decapitati nessuno parla più e tutto viene coperto dal rumore delle bombe su Gaza.
Cresce la rabbia di molti israeliani perché Netanyahu non è interessato ai rapiti, rifiuta ogni responsabilità e si aggrappa al potere ad ogni costo. Cresce perché i coloni continuano ad uccidere e provocare i palestinesi nella West Bank e perché i palestinesi perseverano nel cedere al terrorismo e ai suoi metodi.
Cresce perché nessuno riesce a proporre una soluzione a questa crisi che si allarga a Beirut e forse a Teheran. Cresce perché il Consiglio di sicurezza dell’Onu è bloccato dai veti incrociati. Cresce la rabbia perché la Russia approfitta della crisi di Gaza per rilanciarsi, così come l’Iran. Cresce perché gli occidentali stanno raffreddando i loro entusiasmi per la guerra in Ucraina e Mosca ha ripreso ad avanzare.
Cresce perché vi sono numerose guerre dimenticate dove si muore tantissimo ma nessuno ne parla. Cresce perché l’Armenia sta morendo nel disinteresse globale. Cresce perché gli aiuti umanitari vanno in poche direzioni e molte crisi sono abbandonate.
Cresce perché la ribellione jihadista in Africa prosegue senza che nessuno se ne occupi.
Cresce perché, quando ce ne sarebbe bisogno, l’Occidente è assente, mentre si immischia quando non dovrebbe. Cresce perché le istituzioni multilaterali sono trascurate e non ascoltate. Cresce perché la crisi pandemica e quella ecologica oggi sembra che non siano mai esistite. E così via… in un crescendo di rabbie intrecciate.
Tutte queste rabbie – contrapposte o no – hanno un fondamento ma provocano violenza, approfondiscono l’odio e le contese, spingono all’uso delle armi, causano nuove guerre. Tuttavia a guardarle con distacco appaiono tutte segnate dalla medesima caratteristica: l’impotenza.
Anche la furia di Israele su Gaza, per quanto micidiale e altamente distruttiva, rimane assolutamente impotente: non distruggerà Hamas (semmai l’opposto); non aumenterà la propria sicurezza anzi certamente la peggiorerà (aggravando la condizione delle comunità ebraiche nel mondo) e non risolverà in alcun modo la questione palestinese, nemmeno alle proprie condizioni. Anche quando pare giustificata da ragioni oggettive, la rabbia resta incapace di dirimere alcunché.
Con la guerra in Ucraina si è scatenata una forte rabbia contro l’aggressione russa in violazione di un principio fondamentale: l’intangibilità delle frontiere. Tra occidente e Russia si è creato un fossato che non esisteva nemmeno durante la guerra fredda.
Il resto del mondo è rimasto attonito e non ha voluto schierarsi, provocando altra rabbia sia in occidente che a Mosca. Poi la ripresa della guerra a Gaza ha mostrato il vero volto di ogni conflitto: è molto difficile separare la ragione dal torto. La guerra israelo-palestinese ha una lunga storia in cui tutti hanno commesso numerosi errori e orribili azioni. Anche quella in Ucraina ha una sua storia, precedente il 2014, e tutti i protagonisti hanno colpe da farsi perdonare.
Dividere una contesa in buoni e cattivi non funziona ma produce solo altra rabbia. Di conseguenza non si ragiona più con lucidità. Si capisce che è difficile nel caso di atrocità come quelle del 7 ottobre o dell’invasione del 24 febbraio, ma a un certo punto va recuperata. Israele ne ha estremo bisogno così come i paesi arabi e la Palestina, ma anche Mosca, Kiev, l’Europa e Washington. Non è saggio lasciarsi guidare dalla rabbia impotente basata esclusivamente sulle proprie ragioni: l’avversario farà altrettanto provocando un gorgo infinito.
Il vortice della rabbia trascina nell’abisso: fermarsi prima che ciò accada è semplice razionalità.
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