- Quello delle chiacchiere è il vero codice degli appalti. Regola numero uno: raccontare che i cantieri, prevalentemente ferroviari, sono bloccati da una non meglio specificata burocrazia. Corollario: anziché far fuori i dirigenti frenatori, li si nomina commissari.
- Regola numero due: non dare mai spiegazioni sull’utilità delle sbloccande opere, sono «attese da tempo» e tanto deve bastare. Regola numero tre, detta anche regola del Gattopardo: per non cambiare l’elenco delle opere, fingersi innovativi cambiando nome al ministero.
- Passiamo adesso dalla narrazione alla realtà. Le opere sbloccate valgono 83 miliardi in dieci anni, 72 dei quali per opere ferroviarie e stradali.
Nella nomina dei commissari per «lo sblocco di 57 fondamentali opere pubbliche attese da tempo da cittadini e imprese», la vera dimostrazione di serietà il premier Mario Draghi e il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (al plurale perché sostenibili l’una e le altre) Enrico Giovannini l’hanno data riuscendo a dare l’annuncio senza scoppiare a ridere. Sembra di sognare. Giurano di aver sbloccato la ferrovia Ferrandina-Matera, già sbloccata 32 anni fa dal governo Andreotti, e l’alta velocità Brescia-Verona-Padova, avviata nel 1991. Tolgono i freni alla Metro C di Roma, la cui costruzione è in corso da 15 anni, e alla statale 106 ionica, sbloccata vent’anni fa dal ministro Pietro Lunardi. Matteo Renzi, sbloccatore indefesso, quando era al governo ci regalò un lampo di umorismo involontario, scoprendo il trucco: «Potrei addormentarvi con l’elenco delle opere cui stiamo cercando di dare uno sblocco». Cinque anni dopo l’elenco è rimasto lo stesso.
Quello delle chiacchiere è il vero codice degli appalti. Regola numero uno: raccontare che i cantieri, prevalentemente ferroviari, sono bloccati da una non meglio specificata burocrazia. Corollario: anziché far fuori i dirigenti frenatori, li si nomina commissari con i pieni poteri autorizzandoli a costruire in deroga a tutte le leggi. Regola numero due: non dare mai spiegazioni sull’utilità delle sbloccande opere, sono «attese da tempo» e tanto deve bastare. Corollario: l’elenco delle opere “prioritarie” non cambia dai tempi della legge Obiettivo di Silvio Berlusconi (2002), e i nove ministri che si sono succeduti da allora se lo tramandano intatto come i presidenti degli Stati Uniti si passano la valigetta atomica. Regola numero tre, detta anche regola del Gattopardo: per non cambiare l’elenco delle opere, fingersi innovativi cambiando nome al ministero. Corollario: far credere che d’ora in poi si faranno solo opere “sostenibili” per scoprire subito dopo che, per fortuna, le colate di cemento pianificate dai predecessori erano già tutte “sostenibili”. Regola numero quattro: annunciare sempre, per la trasparenza, che su un apposito sito internet si potrà verificare l’effettivo avanzamento dei cantieri. Tutti lo hanno promesso da vent’anni, nessuno l’ha fatto.
Passiamo adesso dalla narrazione alla realtà. Le opere sbloccate valgono 83 miliardi in dieci anni, 72 dei quali per opere ferroviarie e stradali. Questi 72 miliardi creeranno un'occupazione diretta e indiretta pari a 68mila posti di lavoro all’anno in media per dieci anni, annuncia Giovannini, che è uno stimato statistico, specificando che «il metodo utilizzato per il calcolo dell’impatto macroeconomico degli investimenti si basa sul modello di Leontief». Quindi dei 72 miliardi solo 17 saranno spesi in salari.
In altri termini, ogni lavoratore prenderà mediamente 25mila euro all’anno e produrrà una ricchezza (non per la comunità nazionale che paga ma per la propria azienda che incassa) pari a 100mila euro. Più o meno la Luxottica, che produce occhiali, ha lo stesso rapporto tra fatturato e occupazione: nel 2019 ha generato ricavi per 9,5 miliardi con 80mila addetti diretti. Siccome quello dell’occupazione è l’unico effetto positivo vantato dall’operazione cantieri sbloccati, si potrebbe concludere, non tanto paradossalmente, che se il governo regalasse ogni anno a tutti gli italiani un paio di occhiali da 120 euro, ordinandoli alla Luxottica e indebitandosi per 7,2 miliardi, gli effetti sull’occupazione sarebbero gli stessi. Ecco dove si finisce annunciando per decenni sempre le stesse cose senza chiedersi a che servono.
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