- Si torna a parlare di obbligo vaccinale, per la variante Delta e la percentuale ancora elevata di non vaccinati: i medici affermano che serve immunizzare quante più persone, a qualunque età sia possibile e con qualunque mezzo, inclusa l’imposizione di un obbligo di vaccinazione.
- Le regioni stanno dimostrando di non riuscire a identificare i non vaccinati, quindi risulterebbe difficile imporre loro di vaccinarsi, sanzionandoli qualora non lo facessero. Un’alternativa potrebbe essere vietare ad essi l’accesso a luoghi e attività, ma senza pregiudicarne i diritti essenziali.
- Se si imponesse l’obbligo vaccinale agli studenti, il mancato assolvimento non potrebbe precludere la frequenza nella scuola dell’obbligo, poiché ciò lederebbe il diritto-dovere all’istruzione. E potrebbe essere discriminatorio relegare alla DAD i non vaccinati.
«Se come pare la variante Delta ha un R0 tra 8 e 10 bisogna che la politica prenda seriamente e VELOCEMENTE in considerazione l’obbligo vaccinale per tutti o si rischia grosso», ha scritto il noto virologo Roberto Burioni giorni fa su Twitter. «Il virus non è più quello che abbiamo conosciuto, è diventato molto più pericoloso».
Qualche giorno dopo, il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli, ha affermato riguardo agli studenti che «la variante Delta porta come consiglio di affrettarsi a fare la vaccinazione prima dell'inizio della scuola».
Dalle dichiarazioni riportate si evince che servirebbe vaccinare le molte persone ancora mancanti, a qualunque età sia possibile e con qualunque mezzo, inclusa l’imposizione di un obbligo.
Ancora troppi non vaccinati
Il commissario straordinario per l’emergenza, il generale Francesco Figliuolo, a metà giugno ha inviato una lettera alle regioni, scrivendo che risultavano ancora oltre 2,5 mln di over 60 non raggiunti, «rispetto ai quali non è noto se il mancato coinvolgimento sia da ascrivere a limitazioni cliniche, scelta individuale ovvero difficoltà a registrarsi sulle piattaforme vaccinali».
Il generale ha chiesto di «attuare in maniera più incisiva il metodo del raggiungimento attivo di questi cittadini», comunicando alla struttura commissariale se essi siano impossibilitati a vaccinarsi per motivi sanitari o se non vogliano farlo. Qualche giorno fa, Maria Stella Gelmini, ministra per gli Affari regionali, ha affermato che «è fondamentale convincere i riottosi a vaccinarsi adesso per avere un autunno tranquillo» e che bisogna andare a «trovarli a casa».
Non è noto cosa stiano facendo i presidenti di regione per assolvere alle richieste del potere centrale. Ma di recente il presidente del Piemonte, Alberto Cirio, ha dichiarato che la privacy non consente di «sapere se uno si è vaccinato o no». Dunque, è probabile che i presidenti non stiano facendo molto. E se i renitenti al vaccino non possono essere individuati, di certo non li si può convincere a immunizzarsi.
C’è anche il problema degli immigrati irregolari, “invisibili” per le autorità sanitarie, nonostante avrebbero diritto alla tutela della salute come tutti gli altri.
Si torna a parlare di obbligo vaccinale
Come spiegato sin dall’inizio della campagna vaccinale, l’art. 32 della Costituzione dispone che il diritto del singolo di non curarsi, quindi pure di rifiutare la vaccinazione, vada contemperato con il diritto degli altri e l’interesse della collettività alla salute.
Secondo la Consulta, un obbligo vaccinale non è incompatibile con l’art. 32 Cost., nel rispetto di alcune condizioni: dev’essere «diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri»; non deve comportare conseguenze negative per la salute di chi vi è obbligato, salvo quelle «che appaiano normali e, pertanto, tollerabili»; nell'ipotesi di danno ulteriore dev’essere prevista comunque «una equa indennità». La scelta dell’obbligo va effettuata sulla base dei dati scientifici ed esperienziali a disposizione.
Insomma, «la Costituzione non riconosce un’incondizionata e assoluta libertà»: «la decisione individuale di non curarsi può danneggiare la salute di molti altri esseri umani», come scrive il Consiglio di Stato.
Finora il governo, bilanciando i valori costituzionali coinvolti – salute pubblica, libertà personale, solidarietà sociale ecc. - ha scelto di non fare imposizioni (salvo che per gli operatori sanitari, per i quali la vaccinazione è requisito per esercitare la professione). Su tale scelta può aver pesato l’iniziale difficoltà di reperire mezzi e risorse per assicurare il vaccino a tutti.
Oggi ci sono sia vaccini che vaccinatori, come ribadisce il generale Figliuolo. Quindi, a seguito di una nuova ponderazione di diritti, il governo potrebbe optare per l’obbligo vaccinale. Ma se non si riescono a identificare i non vaccinati - come spiegato – risulta difficile imporre loro di vaccinarsi, sanzionandoli qualora non lo facciano.
Un’alternativa potrebbe essere la limitazione della fruizione di spazi aperti al pubblico per chi non è immunizzato, come disposto in taluni casi con il “green pass” (salvo tampone negativo), senza comprometterne i diritti fondamentali.
Il legislatore - come per l’imposizione in via diretta dell’obbligo vaccinale - dovrebbe basare la sua decisione sul bilanciamento di diversi diritti. Non potrebbe, invece, essere lasciata ai gestori di esercizi pubblici, palestre ecc. l’iniziativa di vietare l’accesso ai non vaccinati. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali (art. 3 Cost.): eventuali disparità possono essere stabilite solo dal legislatore in modo ragionevole, obiettivo e ponderato.
Vaccinazione per gli studenti?
Circa la vaccinazione obbligatoria per gli studenti, Fabio Ciciliano, componente del Comitato tecnico scientifico (Cts), ha affermato che «è possibile ma difficile». Da un lato, «c’è il problema della fascia 0-12 anni per i quali non c’è un vaccino autorizzato»; dall’altro lato, obbligare gli studenti al vaccino è «un percorso difficilmente realizzabile visti i tempi stretti ed essendo necessaria una volontà politica chiara». Peraltro, il Cts ha affermato che alla ripresa servirà distanziamento e uso di mascherine, e che è «non plausibile» l'utilizzo del “green pass” nelle scuole: per motivi di privacy e perché non c’è obbligo vaccinale.
Ma l’obbligo può essere sancito con legge, a seguito del bilanciamento di diritti di cui si è detto, da compiere con particolare attenzione, perché i giovani non hanno finora avuto conseguenze gravi dal virus.
La vaccinazione anti-Covid per i ragazzi si aggiungerebbe alle altre attualmente obbligatorie. La mancata effettuazione di queste ultime, com’è noto, non preclude la frequenza nella scuola dell’obbligo, poiché ciò lederebbe il diritto-dovere di istruzione. La sanzione per l’omessa vaccinazione è pecuniaria, a carico dei genitori (o di chi esercita la potestà).
Invece, potrebbe configurare una discriminazione nei riguardi dei non vaccinati, peraltro in assenza di una legge statale, la soluzione ipotizzata dall’Assessore alla Sanità dell’Emilia-Romagna, Raffaele Donini, secondo cui solo con la vaccinazione dei ragazzi dai 12 ai 19 anni «la scuola potrà affrontare la ripartenza», perché è «giusto, per la popolazione vaccinata, che possa sottrarsi a qualunque provvedimento di quarantena e di didattica a distanza».
Il libero accesso all’istruzione (art. 34 Cost.) verrebbe così condizionato, sia pure in via indiretta, all’essere vaccinati. Peraltro, per coerenza, la presenza a scuola andrebbe preclusa anche agli operatori scolastici non immunizzati.
È ormai luglio, ci si rimette alle vaccinazioni, senza imporle in modo chiaro, ma scaricando la responsabilità sulle famiglie. Mentre non si ha notizia di soluzioni definite in tema di trasporti o di aerazione nelle aule per contrastare i contagi. Alla vigilia della seconda ripresa della scuola in epoca di pandemia, di certo c’è solo il disorientamento.
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