Può darsi che la situazione inaugurata dall’elezione di Donald Trump, o dall’invasione dell’Ucraina, sia del tutto nuova, e vada letta con categorie di cui ancora non disponiamo. E queste nuove categorie e argomentazioni servono per capire se il riarmo o il progetto di una difesa comune europea abbia senso, indipendentemente dalla contrapposizione schematica fra pacifisti assoluti e guerrafondai.

Tuttavia, molte delle argomentazioni, chiare e sottintese, a favore della difesa comune europea non sono nuove, ma ricalcano la logica della deterrenza tipica della Guerra fredda.

L’idea di molti, ripetuta in versioni più o meno sofisticate, è che, in assenza della protezione americana, o per evitare l’imperialismo americano e quello russo, l’Europa debba avere una sua potenza militare, che le permetta di difendersi, se necessario, ma soprattutto di minacciare di poter difendersi, rendendo la prospettiva di un attacco russo o di un disimpegno americano meno a buon mercato. Detta in altre parole: ci sono due blocchi, per non venire schiacciati, dobbiamo essere il terzo blocco.

Prendiamo sul serio questo modo di ragionare. Esso si basa su alcune premesse. Primo, ci sono due blocchi. Secondo, la Russia e gli Usa potrebbero avere certe tentazioni, ma non le avranno, o è meno probabile che le avranno, se l’Europa schiererà una difesa militare plausibile. Non è chiaro se e fino a che punto le premesse siano vere. Naturalmente, non ci sono due blocchi. Ce ne sono molti: Cina, India, le potenze arabe. Per quanto la Russia sia geograficamente in Europa e le connessioni – economiche, politiche, simboliche – fra Usa e Ue siano molteplici, e tutto questa renda saliente parlare di due blocchi in questa parte del mondo, non si vede perché escludere comunque interessamenti e ripercussioni da parte delle altre potenze.

Inoltre, come escludere che Usa e Russia abbiano tentazioni molto più forti di quelle di attaccare un’Europa inerme? Se per gli Usa e la Russia fosse affare ben più serio espandersi in Europa, o ritirarsi dall’Europa, di quanto ci appare adesso? Ci sarebbe una difesa europea che basterebbe, o farebbe in tempo a formarsi, per rendere queste tentazioni meno allettanti? Il ragionamento è molto preciso e sottile, forse infondato. Si pensa che Putin attaccherebbe se l’Europa fosse inerme, ma non lo farebbe se ci fosse un qualche inizio di riarmo. Si crede che Trump lo lascerebbe fare se l’Europa fosse inerme, non se fosse più attiva.

Ma perché non potrebbero essere vere altre due ipotesi, alternative e opposte fra loro? La prima ipotesi è che Putin e Trump siano realmente irrazionali e pericolosi, senza nessun controllo da parte dei loro entourage, senza limite. Allora, temo che già stare a discutere come facciamo ci renda preda, e destinati, a essere invasi.

La seconda ipotesi, alternativa e opposta, è che Putin e Trump non siano veramente disposti a invadere l’Europa, il primo, e a lasciarla al suo destino, il secondo, ma piuttosto siano disposti a minacciare di farlo, per vedere l’effetto che fa. O siano disposti a fare altre mosse – sul piano economico o diplomatico – che sono scomode, ma non equivalgono a un’invasione militare.

Se le cose stessero così, cioè se Putin e Trump fossero non potenziali invasori, ma gente dedita alle minacce a scopo intimidatorio, la migliore strategia non sarebbe prepararsi alla difesa. O meglio non sarebbe solo e primariamente quella, e non sarebbe la cosa più urgente. La cosa migliore e più urgente sarebbe non farsi intimidire, rispondere sullo stesso piano. Per esempio, rispondere alle minacce dal punto di vista economico e diplomatico.

Rispondere e reagire alla guerra di propaganda e di fake news. Lavorare sul piano simbolico, esponendo con efficacia al ludibrio le posizioni immorali e ciniche che vengono sdoganate. Se la difesa europea e la debolezza dell’Europa fossero una questione più di diplomazie e di idee, che di armi? Siamo sicuri che anche solo considerare che non possiamo che difenderci con le armi non sia una resa? E se la miglior difesa fosse il senso di sé, l’orgoglio di certi valori?

Certo, non è detto che questo funzioni di fronte a irrazionalità o a regimi autocratici, o che hanno tratti autocratici, come forse è quello americano. Ma ridursi solo al discorso militare, farne oggetto di un interminabile dibattito, significa aver perso nel cuore e nella testa. Non è questione di pacifismo. È questione di capire qual è la vera logica della deterrenza.

© Riproduzione riservata