Aridatece Morisi! Mai avrei pensato si potesse rimpiangere Luca Morisi, l’ideatore della “Bestia”, la terribile macchina social che si rese autrice delle peggiori campagne ad personam e della peggiore propaganda in salsa sovranista contro ogni forma di minoranza. Dai neri, ai rom, ai tossicodipendenti, contro il mondo Lgbt, a favore dei movimenti pro-life. Prima che il suo autore fosse inguaiato da un festino insieme a due ragazzi di cittadinanza rumena.

Il video con cui il vicepremier Matteo Salvini risponde alla richiesta di condanna di sei anni della procura di Palermo è già in vetta alle classifiche social come il più cringe (agghiacciante) dell’anno.

Un video che ripete l’ultra logoro spartito berlusconiano della persecuzione giudiziaria orchestrata dalla sinistra. Ancor più penoso che, dalla provincia dell’Impero che è la nostra Italietta, il ministro dei Trasporti si paragoni a Donald Trump. E meno male che non ha avuto il coraggio di citare Benjamin Netanyahu, evidentemente troppo compromesso persino per lui.

Operazione vittimismo

Peggio delle immagini sono le parole. Dando l’idea del pugile suonato, Salvini fa finta, o almeno si spera, di non capire che sotto accusa non sia la linea del governo Conte I, che comunque se la gioca con l’esecutivo Tambroni per il titolo di peggiore della storia repubblicana, ma la sua cinica condotta frutto di un tentativo di cannibalizzazione dei M5s, ben presto sfociato in un delirio di onnipotenza.

A parte l’ingenuità di ripetere la strategia berlusconiana risalente all’èra televisiva nel mondo dell’inflazione della notizia dei social network, dove ogni post serve al massimo a rallegrare la giornata di qualche milione di persone, è il vittimismo a nauseare.

Ci si lamenta della sproporzione dell’accusa di sequestro di persona, come se invece avesse senso ridurre l’enorme tema dell’immigrazione alla panzana dell’invasione, della sostituzione etnica e della difesa dei sacri confini. Oppure, pensare di risolvere l’epocale questione con vergognosi fermi di cui fu vittima la stessa Marina militare italiana. Credo caso unico al mondo.

Si ride, e giustamente, della scemenza di Trump degli immigrati dell’Ohio che mangerebbero «i nostri pets», ma scordiamo che Salvini lo anticipò in bassezza con la famosa frase degli immigrati dediti a «cagare e pisciare ovunque» nel suo video su una fantomatica «Milanistan».

Fine argomento, a mia memoria ripetuto durante la sua crociata sui negozi etnici, ma non vorrei sbagliare. Un video che rasentava l’istigazione alla violenza. Confine, del resto, ampiamente frequentato dall’allora ministro dell’Interno.

Morire salviniani

Ma chi appare il vero destinatario di questa patetica scenetta da avanspettacolo su sfondo nero? Come sempre i fatti si capiscono dalle conseguenze che generano. E appare quantomeno sospetta l’immediata venuta in soccorso di Giorgia Meloni nei confronti del suo vice.

Da tempo leader cotto, stracotto e bollito, a Salvini è rimasta come unica arma politica la minaccia di far cadere l’esecutivo con la classica strategia del marito che si taglia i testicoli per far dispetto alla moglie, come si diceva nel mondo che lui tanto rimpiange.

Altro che traversata nel deserto: fuori dall’attuale coalizione la Lega non avrebbe alcun margine per incidere nella politica italiana per chissà quanto tempo, aprendo le praterie per le nuove formazioni dei vari Marattin, Boldrin, Forchielli, ma anche Calenda e Renzi-transformer, per candidarsi a rappresentare l’imprenditoria del Nord.

La Lega è, a oggi, un’eccezione di longevità nella politica italiana. Non è un caso: una base elettorale vera ce l’ha. Piuttosto che una consolazione, questo dovrebbe essere un monito: nessuno è eterno. Davvero l’attuale classe dirigente vuole morire salviniana? Per il vicepremier, invece, vale il consiglio dei suoi amati social: vai finalmente a lavorare! Forse è rimasto un posto libero nella azienda agricola del “Trota” Bossi.

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