Hanno votato compatti contro ReArm Europe la Lega, Vox, il partito di Le Pen, l’AfD e molti altri: in nome di Trump e di Putin. Facile dire pace sulla pelle degli altri
Apparso fin dagli inizi dell'invasione dell'Ucraina seppur in modo sporadico ed episodico, causa i recenti sviluppi di questi tempi tristi è ora venuto pienamente alla luce il fenomeno nuovo del pacifismo di destra. Il voto sul RearmEurope al Parlamento Ue ne è stato contemporaneamente cartina di tornasole ed epifania. Gli 84 membri di “Patrioti per l'Europa” si sono detti contrari tranne due astenuti.
Rappresentano il Rassemblement National francese (che esprime anche il presidente, Jordan Bardella), la Lega di Matteo Salvini, gli ungheresi di Fidesz (Viktor Orbán) e del partito popolare cristiano democratico, gli spagnoli di Vox tanto cari a Giorgia Meloni, gli austriaci del partito della libertà, i belgi di Vlaams Belang, i danesi del partito popolare, i greci della Voce della ragione, gli olandesi del partito della libertà, i polacchi del movimento nazionale, i portoghesi di Chega!, e infine tre formazioni della Repubblica ceca, Ano, Motoriste sobe, Prisaha.
Analogamente compatti, salvo tre astenuti, i 25 di Europa delle nazioni sovrane tra cui spicca l'Alternative für Deutschland tedesca (AfD), i francesi di Reconquete, una serie di formazioni minori dell'Est e persino i lituani dell'Unione del popolo e della giustizia che in teoria dovrebbero ben temere l'espansionismo del Cremlino.
La linfa del trumpismo
Spaccati a metà tra si e no, 78 a 78, i Conservatori e riformisti di cui fa parte Fratelli d'Italia, esattamente come Meloni è divisa tra fedeltà americana e fedeltà europea, in questa fase inconciliabili.
Se il pacifismo di sinistra muove spesso da ragioni morali di ripudio della guerra senza se e senza ma, quello di destra pare più spinto da motivi ideologici intrecciati tra di loro e da un'opportunità politica del momento che non vale nell'assoluto, dato che la tradizione storica è invece piuttosto bellicista. Trae la sua linfa dal combinato disposto tra trumpismo de sovranismo.
Partiamo dal primo. Per una malintesa interpretazione del suo pensiero Trump sarebbe in questa visione un uomo di pace. Uno che vorrebbe conquistare la Groenlandia, fare del Canada un pezzo d'America, riprendersi il canale di Panama, espellere da Gaza i palestinesi, costringere gli ucraini ad accettare un accordo con la Russia che preveda la cessione dei territori conquistati dall'esercito di Mosca.
Il suo approccio mercantile, stretto parente dello strozzinaggio quando vuole imporre a Volodymyr Zelensky la firma per lo sfruttamento delle terre rare, è nell'immaginario della destra estrema la rappresentazione dell'uomo forte che molti vagheggiano anche a casa loro.
In odio, o almeno in ripudio della democrazia liberale da sostituire con la «democrazia illiberale» parola di Orbán a cui appartiene anche il copyright di uno slogan diventato popolare: «Gli uomini forti fanno la pace, i deboli fanno la guerra». Dimentico che la guerra l'ha iniziata Vladimir Putin, un uomo forte, e già a sua volta liquidatore della democrazia come «obsoleta». In quest'ottica esattamente sovrapponibile a Trump.
Il Pantheon di Matteo
Non è un caso che Salvini, ormai scivolato ben più a destra della destra tradizionale, li contempli entrambi nel suo ideale Pantheon come emblema di quello che solo eufemisticamente potremmo definire decisionismo. Dunque qualunque pace proposta dai due leader è perciò auspicabile, anche se la si è raggiunta «dopo aver fatto un deserto» (libera interpretazione di Tacito).
E fa nulla se uno ha invaso in armi, l'altro minaccia di farlo ed è disposto a ratificare qualunque nefandezza: fu di Trump l'accordo per restituire l'Afghanistan ai talebani poi sfociato nella sciagurata ritirata di Biden. È di Trump la sostanziale proposta di resa di Kiev.
Il sovranismo ha un sovrano di nome Donald Trump. Il quale è riconosciuto come tale solo finché le sue posizioni non intaccano gli interessi nazionali. Fino ad ora, per larga parte della destra coincidono, salvo quello spiacevole equivoco dei dazi che fanno crollare le borse e danneggiano le tasche dei risparmiatori. Ma il sovranismo ha il difetto di una miopia che impedisce di allungare lo sguardo oltre i propri confini. Perché la sua parola d'ordine è "prima il mio popolo”. E il “prima” è destinato ad entrare in conflitto quando si scontra con altri “prima”.
Dunque per l'Ucraina va bene qualunque pace, ovviamente anche se è ingiusta, basta che la si faccia finita e non se ne parli più. E se domani si reputasse opportuna la guerra, finirebbe subito la posizione “pacifinta” e si imbraccerebbe il fucile.
Non è dunque una posizione assoluta “senza se e senza ma” ma semplice opportunismo del momento. Si fa presto a dire pace sulla pelle degli altri.
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