- Gli scandali di corruzione, pur più diffusi a destra, sembrano colpire maggiormente la sinistra. Come spiegare questo doppio standard?
- Questo fenomeno non dipende dalla presunta superiorità morale della sinistra che provocherebbe antipatia e disaffezione
- Dipende, piuttosto, dal fatto che la destra cerca esplicitamente di difendere interessi, mentre la sinistra propone principi. I primi, a differenza dei secondi, sono più immuni dall’accusa di incoerenza e ipocrisia.
Su questo giornale Piero Ignazi ha giustamente fatto notare che la destra italiana non può legittimamente cavalcare lo scandalo che tocca i socialisti nel parlamento europeo.
Non soltanto perché a destra dovrebbero essere garantisti anche verso le inchieste altrui, e non solo perché la destra in Italia conta molti più episodi di corruzione che la sinistra.
Ma anche perché di fronte a scandali di varia natura la destra fa quadrato politico attorno ai propri anche a costo di negare l’evidenza (su questo il caso Berlusconi-Ruby fece scuola).
Vivace e spregiudicata, la polemica politica di destra si attacca a ogni incoerenza (si veda il caso Soumahoro), al contrario dell’inerzia, scambiata per fair play, di una sinistra muta (si veda il caso Luca Morisi).
Superiorità morale?
La questione da spiegare è perché gli scandali, presenti in ogni parte ma molto più numerosi a destra, creino più imbarazzo, fallimenti e autodafé a sinistra.
È una risposta pigra e fuorviante incolpare l’antipatia che la presunta superiorità della sinistra genererebbe nell’opinione pubblica.
Il mito della superiorità della sinistra, evocato in un contesto specifico decenni fa e forse allora motivato, è al giorno d’oggi tenuto in vita dalla strumentalizzazione pelosa della destra e del populismo giornalistico.
È vero, invece, che nella percezione pubblica pare ci siano diversi standard di coerenza e correttezza: più stringenti a sinistra, molto più lassi (o quasi inesistenti) a destra.
Questa sfasatura fa sì che l’incoerenza tra i principi professati e la pratica reale colpisca più la sinistra che la destra, almeno al livello elettorale.
Maestro di questa disconnessione è stato Silvio Berlusconi, nel manipolare la percezione collettiva per rendere i propri vizi simpatici e insopportabili quelli altrui.
Principi e interessi
Oltre alle molte cause storiche ormai sedimentate, c’è una ragione discorsiva e valoriale che spiega questo fenomeno. Mentre la sinistra, se e quando parla, lo fa a nome di principi, seppur impalliditi e deboli, la destra non ha remore nel rivendicare esplicitamente la tutela di interessi specifici.
Ma mentre la critica di ipocrisia e l’emergere degli scandali affossano la plausibilità dei principi ideali, lo stesso non vale per la difesa degli interessi.
Quindi, se l’elettorato di destra, entro certi limiti, può continuare a sentirsi rappresentato da partiti e leader ipocriti e incoerenti, l’elettorato di sinistra, giustamente, richiede un minimo di coerenza.
Come uscirne? Come è stato detto infinite volte, ci vorrebbe una leadership a sinistra più chiara negli ideali e più coerente nel proprio profilo.
Ma sarebbe anche necessario intrecciare il linguaggio dei principi con quello degli interessi, mostrando che i principi giusti, se ben applicati, difendono interessi sacrosanti e non solo di parte.
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