- Dal G8 di Genova sono trascorsi vent’anni. Quel mondo, e per una volta non si tratta di banalità, non esiste più. Un’epoca stava per concludersi e un’altra era pronta a esplodere. Non ne eravamo di certo consapevoli. Da analogici a digitali.
- Il G8 di Genova è Carlo Giuliani e Mario Placanica, la macelleria messicana della scuola Diaz, è un corollario di vicende che non troverà mai giustizia ultima e definitiva. Come tanti altri fatti della storia. Recente e meno recente.
- Allora perché riproporre un’immagine così violenta? Di concreto c’è il sangue. Di contro vecchi e nuovi moralismi che vorrebbero vietare, purgare, in virtù di un nuovo alfabeto del mondo. Ma i nuovi alfabeti, spesso, sono destinati a invecchiare. A differenza delle cicatrici che restano.
I figli sono diventati genitori. I genitori, nonni. Molti se ne sono andati. Dal G8 di Genova sono trascorsi vent’anni. Quel mondo, e per una volta non si tratta di banalità, non esiste più. Un’epoca stava per concludersi e un’altra era pronta a esplodere. Non ne eravamo di certo consapevoli. Da analogici a digitali.
I nostri figli, le nuove generazioni, quel mondo per noi ancora così presente, non hanno avuto modo di vederlo, lo hanno solo sentito attraverso i nostri racconti.
Il G8 di Genova è Carlo Giuliani e Mario Placanica, la macelleria messicana della scuola Diaz, è un corollario di vicende che non troverà mai giustizia ultima e definitiva. Come tanti altri fatti della storia. Recente e meno recente.
Allora perché riproporre un’immagine così violenta? Dove la vita non è più vita e la morte un fatto sconvolgente, appena accaduto, ancora caldo.
Questa immagine racconta il nostro presente come fosse stata scattata un attimo fa.
Ogni gesto umano teso a costruire memoria collettiva mira esattamente a questo. A rendere una vicenda utile per chi arriverà dopo di noi.
Questa immagine è nostra contemporanea, offre una chiave di lettura brutale, sguincia, a tanti dei nuovi fenomeni della cultura e del costume che riempiono pagine di giornali e chili di parole.
Quanto far vedere e cosa? Cancellare il passato oppure lasciarlo esattamente dove si è compiuto? Come una cicatrice sulla terra che continua a dire, per sempre.
Il rischio è quello di confondere il fatto con le sue mille e mille possibili interpretazioni, dettate anche dalla cultura del tempo.
Di concreto c’è il sangue.
Di contro vecchi e nuovi moralismi che vorrebbero vietare, purgare, in virtù di un nuovo alfabeto del mondo. Ma i nuovi alfabeti, spesso, sono destinati a invecchiare.
A differenza delle cicatrici che restano.
Cancellare il passato porta a un solo possibile traguardo: fare tabula rasa. Per vecchi e nuovi errori. Negli anni della Seconda guerra mondiale, nella cittadina di Moosburg an der Isar, a nord-est di Monaco, sorgeva lo Stalag VII, copriva 35 ettari di terra. Nel periodo di massima attività arrivò a contenere oltre 100.000 prigionieri, di tutte le nazionalità, dopo l’8 settembre moltissimi furono gli italiani internati. Oggi, dove una volta sorgevano le baracche dei prigionieri, file e file di villette a schiera. Un giardino all’inglese dove esisteva la violenza.
La vera pornografia è azzerare la storia.
Ecco perché questa foto. Ecco perché prima di negare agli occhi qualcosa dobbiamo renderci conto che questo può significare sottrarci all’esperienza del mondo, anche quando traslata attraverso una fotografia.
A differenza di altri, non siamo così ingenui.
La storia continuerà il suo corso senza nemmeno degnarci. Torti e ragioni, vittime e carnefici, continueranno a essere partoriti di generazione in generazione.
Ma non lasciamo gioco troppo facile all’oblio.
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