- Se Renzi può apparire un dilettante rispetto a Tony Blair o Gerhard Schröder, l’aggravante è che è tuttora senatore e le attività che svolge sollevano evidenti conflitti di interesse.
- La commistione tra politica e affari è una delle principali ragioni della sfiducia dei cittadini nella classe politica negli ultimi decenni che ha dato vita a fenomeni come il Movimenti 5 Stelle.
- Se Renzi davvero vuole combattere il populismo e l’antipolitica come dichiara, dovrebbe smetterla di condurre attività private che sono in evidente conflitto di interessi con i suoi doveri pubblici e un oltraggio per i cittadini.
Le rivelazioni sulla partecipazione di Matteo Renzi alla Future Investment Initiative (FII), promosso dal fondo di investimenti della monarchia saudita sono il riflesso di un fenomeno globale. Da molti anni si discute a livello internazionale del fenomeno dei “politici in affitto”, e delle revolving doors, porte girevoli tra politica e affari.
L’organizzazione anti-corruzione Transparency International descrive le porte girevoli come «la circolazione di individui tra posizioni di cariche pubbliche e impieghi nello stesso settore nel settore privato o volontario, in entrambe le direzioni», avvertendo che «se non adeguatamente regolamentato, può essere soggetto ad abusi».
La raccomandazione minima di Transparency International è «un periodo di pausa» di 12-18 mesi tra «il passaggio dal settore pubblico a quello privato inteso a scoraggiare la pratica e minimizzarne l'impatto». Tale raccomandazione non è stata seguita da Matteo Renzi che negli ultimi anni si è dedicato a attività di consulente e conferenziere a pagamento parallelamente alla propria attività politica. Tale attività è compatibile con la carica di un senatore, e del leader politico di una formazione che ha in pugno i parlamentari decisivi per la formazione di un nuovo governo?
I precedenti
Forse il caso più famoso di porte girevoli negli ultimi anni è quello dell’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder e il suo coinvolgimento in Nord Stream, il gasdotto inaugurato nel 2011 che fa arrivare gas naturale direttamente dalla Russia alla Germania. Nel 2005 il politico social-democratico, di cui è nota l’amicizia con Vladimir Putin, approvò il progetto negli ultimi giorni di governo appena dopo aver perso le elezioni.
Pochi mesi dopo accettò la nomina da parte dell’impresa russa Gazprom come direttore di Nord Stream, carica che tuttora ricopre nonostante gli sia stato chieso di dimettersi dal partito verde e dalla CDU a seguito dell’avvelenamento del leader dell’opposizione Navalny.
Ma il caso più interessante è quello di Tony Blair, modello cui Renzi si ispira. Dopo aver lasciato la politica a seguito delle sue dimissioni da primo ministro nel 2007, Blair ha dato vita a un gruppo di compagnie private riunite sotto il marchio TBA, (Tony Blair Advice o Associates), attraverso cui ha fornito consulenze anche a regimi dittatoriali come quello di Nursultan Nazarbayev, presidente del Kazakistan. Nel dicembre 2016 ha dato vita al Tony Blair Institute for Global Change, una fondazione non-profit che ha tra le sue varie attività anche quella di consulenza a governi.
Nel 2018 il Telegraph ha svelato che l’istituto ha incassato 9 milioni di sterline dal governo dell’Arabia Saudita per la consulenza offerta dal suo Tony Blair Institute per il progetto Vision 2030, attraverso cui la monarchia del golfo spera di diversificare e modernizzare la propria economia.
Sauditi ovunque
Le relazioni di Blair con la famiglia reale saudita sono note da tempo. TBA ha offerto consulenza all’impresa PetroSaudi per aiutarle a entrare nel mercato cinese grazie alle relazioni di Blair, guadagnando 41.000 sterline al mese più una commissione del 2% su contratti multimilionari che erano andati in porto grazie al suo aiuto.
Questa attività è stata fortemente criticata non solo per la disinvoltura con cui un ex primo ministro di un paese democratico intrattiene relazioni amichevoli con dittatori, ma anche per i conflitti di interesse tra incarichi pubblici e affari privati.
Infatti tra il 2007 e il 2015 Blair svolgeva un ruolo diplomatico internazionale come inviato speciale nel Medio Oriente in rappresentanza del cosiddetto quartetto composto da Nazioni Unite, Unione Europea, Stati Uniti e Russia. Ma questo non gli ha impedito di svolgere in parallelo queste attività di consulenza nella sua regione di attività, né di sostenere pubblicamente il colpo di stato che in Egitto nel 2013 ha portato al potere il dittatore Abdel-Fattah Al-Sisi. E la monarchia saudita è tra i principali sostenitori di Al-Sisi. È anche grazie a queste attività di “consulenza” che Blair ha accumulato un patrimonio considerevole. Il Guardian ha stimato che Blair possiede 27 milioni di sterline solo in proprietà immobiliari.
Se Renzi può apparire un dilettante rispetto a Blair o Schröder, l’aggravante è che è tuttora senatore e le attività che svolge sollevano evidenti conflitti di interesse. Si pensi al Recovery Fund che prevede misure per una conversione ecologica del sistema energetico e di trasporti e gli interessi di un paese come l’Arabia Saudita, che ha solo da perdere da una transizione post-petrolio.
La commistione tra politica e affari è una delle principali ragioni della forte sfiducia dei cittadini nella classe politica negli ultimi decenni che ha dato vita a fenomeni come il Movimenti 5 Stelle.
Se Renzi davvero vuole combattere il populismo e l’antipolitica come dichiara pubblicamente, dovrebbe smetterla di condurre attività private che sono in evidente conflitto di interessi con i suoi doveri pubblici e un oltraggio per i cittadini.
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