- La presidenza della Repubblica italiana non è un premio da attribuire ad una più o meno prestigiosa carriera politica (né tecnocratica).
- Non può essere intesa neppure come un risarcimento per torti (quali?) subiti che verrebbero raddrizzati con l’ascesa al Quirinale.
- La domanda giusta è chi, nella classe politica, ma eventualmente anche fuori, possa essere ritenuto capace di svolgere gli impegnativi compiti che la Costituzione attribuisce al presidente.
La presidenza della Repubblica italiana non è un premio da attribuire ad una più o meno prestigiosa carriera politica (né tecnocratica) fermo restando che bisognerebbe esplicitarne i criteri di valutazione.
Non può essere intesa neppure come un risarcimento per torti (quali?) subiti che verrebbero raddrizzati con l’ascesa al Quirinale.
Non deve essere proposta sulla base di aspettative contingenti, ad esempio, eleggere chi scioglierà più o meno immediatamente il parlamento oppure chi vuole che la legislatura continui fino alla sua scadenza naturale.
Nessuno/a dei Costituenti accetterebbe mai una qualsiasi di queste motivazioni. Tutti si riconoscerebbero nei principi messi a fondamento della presidenza, del suo ruolo, dei suoi poteri. Nessuno prescinderebbe dalla richiesta che chi ha funzioni pubbliche deve “adempierle con disciplina e onore” (art. 54) che vale tanto per il futuro quanto per il passato.
Fuori dai retroscena che troppo spesso inquinano il dibattito politico e vengono usati per manipolare l’opinione pubblica, la domanda giusta è chi, nella classe politica, ma eventualmente anche fuori, possa essere ritenuto capace di svolgere gli impegnativi compiti che la Costituzione attribuisce al presidente.
Alla carica politica e istituzionale più elevata la Costituzione chiede, anzitutto, di rappresentare “l’unità nazionale” (art. 87). Questa unità deve ispirare e informare l’esercizio di tutti gli importanti poteri istituzionali e politici a sua disposizione.
Il presidente non scioglierà il parlamento a richiesta di nessun gruppo nel perseguimento di qualche opportunità politica.
Tuttavia, non rifiuterà lo scioglimento se la maggioranza in quel parlamento traballa, traccheggia e visibilmente ha perso qualsiasi operatività.
Il presidente non nominerà capo del governo colui/colei il cui partito ha ottenuto il maggior numero di voti a meno che la richiesta gli sia sottoposta dai leader dei partiti che assicurano la formazione di una coalizione di governo in grado di durare combinando stabilità politica e efficacia decisionale.
Il presidente, va ricordato ai grandi elettori e ai più o meno grandi commentatori, è colui che opera complessivamente avendo di mira, vera stella polare, l’equilibrio del sistema politico e la sua trasformazione secondo i desiderata della maggioranza parlamentare, dei rappresentanti che sono gli unici ad avere ricevuto un mandato popolare.
Non da oggi, a questi compiti abbiamo imparato che se ne deve aggiungere un altro particolarmente significativo: mantenere un legame con l’Unione europea trasmettendo il messaggio essenziale e potente che l’Italia è uno stato-membro che adempie ai suoi compiti e agisce per rafforzare e democratizzare le istituzioni dell’Unione e i suoi spesso complessi e confusi processi decisionali.
Non credo di essere troppo esigente se suggerisco e chiedo che la discussione su chi abbia i titoli per aspirare alla presidenza della Repubblica tenga in massimo conto la Costituzione italiana e i rapporti con l’Europa. Nessuna roulette produrrà una scelta soddisfacente.
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