- Sessant’anni dopo la loro pubblicazione, le Fiabe Sonore di Fabbri Editori vengono ancora ristampate e presumibilmente vendute in grandi quantità.
- Contrariamente alle opere per l’infanzia contemporanee, che si preoccupano innanzitutto di rassicurare, quelle del passato hanno la capacità di coinvolgere il piccolo lettore e scatenare sensazioni forti.
- Sensazioni forti? Talvolta pure troppo, tra bambine decapitate e streghe bruciate nel forno. Ma i bambini sanno distinguere il vero dal falso.
A mille ce n’è, nel mio cuore, di articoli sulla genitorialità da scrivere.Qualche settimana fa ho confessato il mio amore – e quello di mia figlia – per le Fiabe sonore di Fabbri Editori, che sessant’anni dopo la loro pubblicazione vengono ancora ristampate e presumibilmente vendute in grandi quantità. Alla terza generazione di bambini cresciuti ascoltandole, conta sicuramente molto l’effetto nostalgia: anche se confesso di non averle molto frequentate da piccolo. Semplicemente si tratta di un mix di testi vivaci, ottime registrazioni e disegni espressivi che oggi definiremmo “vintage”. Se dovessi individuare cos’hanno queste fiabe che invece non hanno quelle realizzate in tempi più recenti, direi che hanno la capacità di coinvolgere il piccolo lettore e scatenare sensazioni forti.
Al contrario, le opere per l’infanzia contemporanee si preoccupano innanzitutto di rassicurare: nelle trame, nei temi, nel ritmo, nei personaggi, nei finali, nei colori tutto appare incredibilmente slavato.
Sensazioni forti? Talvolta pure troppo. Nella raccolta che ho qui sottomano – ce ne sono tante, questa del 2018 si chiama Le più belle Fiabe sonore – sono raccolti i classici del genere, da Biancaneve ai Tre porcellini, da Cenerentola a Pollicino, in versioni piuttosto diverse dalle più celebri della Disney. E se già certi film Disney, rivisti oggi, appaiono talvolta brutali – ricordate il banchetto a base di bébé ostriche in Alice nel Paese delle meraviglie? – le Fiabe Sonore hanno momenti di vera e propria truculenza.
Come le favole raccolte tra Sette e Ottocento dai Grimm e da Perrault, direte voi, ma è pur vero che queste non erano rivolte innanzitutto ai bambini, e venivano a loro volta filtrate.
Per sfuggire all’orco che li ha chiusi nel suo castello e promette di divorarli il mattino seguente, Pollicino e i suoi fratelli scambiano nottetempo i loro sette berretti da notte con le sette coroncine delle figlie dilette dell’orco: così, al buio, le orchessine vengono decapitate dal padre. Inutile ricordare che quando poi i bambini tornano con un tesoro dai genitori, che li avevano abbandonati, la famiglia si ricompone felice e contenta: questa visione cinica dei rapporti familiari è comune a molte versioni della fiaba e a molte fiabe in cui i genitori abbandonano tranquillamente i figli.
Sospendere l’incredulità
Parte della “competenza” richiesta per apprezzare una fiaba consiste nel sospendere non soltanto l’incredulità ma anche il giudizio morale.
Che dire invece del finale del Soldatino di piombo? Il bambino annoiato lo butta nel caminetto dove inizia a fondere, così la ballerina di carta di lui innamorata cade anch’essa nel fuoco, «e con un’ultima piroetta, si ritrovò a fianco del soldatino».
La fiaba finisce sulla scena di loro che bruciano: «La ballerina arrossì guardandolo, poi abbassò la testa e avvampò tutta. Il soldatino si sciolse lentamente accanto a lei». Niente lieto fine per questa storia che sembra scritta da Yukio Mishima. L’autore si chiama invece Silverio Pisu, cantautore, doppiatore e scrittore poliedrico, che di fiabe sonore ne ha scritte quasi duecento. Quanto a Hansel e Gretel, per liberarsi della strega la buttano nel forno e la lasciano bruciare viva.
La reazione
Fiducioso nella capacità di mia figlia di distinguere la verità dalla finzione, e dunque anche i codici normativi che valgono nell’una e non nell’altra, non ho problemi a farle ascoltare queste fiabe provenienti da un mondo per molti aspetti tanto diverso dal nostro.
Ma chissà come reagirebbe oggi l’opinione pubblica se certe scene spaventose venissero mandate in onda in televisione all’ora dei cartoni animati. Sotto certi aspetti, tuttavia, quelle vecchie storie possono anche essere paradossalmente più “politicamente corrette” di altre più diffuse. Prendiamo la Bella addormentata nel bosco, che nella versione Disney del 1959 viene svegliata dal bacio del Principe azzurro: ultimamente si è dibattuto di quanto fosse opportuno l’esempio di un uomo che si permette di baciare di punto in bianco una donna addormentata, anzi catatonica. Ma nella versione delle Fiabe sonore questo non accade: la principessa era stata condannata a un sonno di cento anni e quando il principe entra nel palazzo, lei semplicemente si sveglia perché è ora. «Voglio accostarmi e rimirare il suo volto più da vicino... oh! ma il suo sonno si spezza... si sta svegliando!». Forse per la morale pre-sessantottina di un paese mediterraneo un bacio rubato in quelle condizioni sarebbe stato fin troppo scandaloso. Finisce così, questo articolo breve e se ne va... Ma aspettate una settimana e un altro ne avrete.
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