- Nel governo Meloni alcuni dicasteri-chiave andranno a ministri tecnici per sopperire alla flebile competenza di tanti fedeli anche veterani così da interporre uno strato di esterni che la isoli dagli errori più gravi.
- Ma chi troverà la premier in pectore? Le persone che non disdegnano la ribalta sono tante, ma poche quelle competenti, e spesso avverse a correre grandi rischi.
- I potenziali candidati saranno sì tecnici, ma sanno le leggi ferree della politica: sanno che da traghettatori indispensabili possono trasformarsi in arnesi dannosi, da buttare per raggiungere le grandi mete. Perciò giustamente esitano.
In attesa di ricevere l'incarico, Giorgia Meloni, premier in pectore, fa filtrare l'idea di affidare alcuni dicasteri-chiave a ministri tecnici per sopperire alla flebile competenza di tanti fedeli anche veterani. I media applaudono la sua moderazione, pur se mancano i fatti concreti, e in qualche infelice uscita sul governo Draghi scorda che il mestiere più difficile è quello del predecessore; toccherà un giorno anche a lei.
Meloni ha fin qui mostrato astuzia, e lo sguardo lungo di chi ha anche altri obiettivi; sa che è utile omaggiare la competenza, distanziandosi dal grillino “uno vale uno”, e interporre uno strato di esterni che la isoli dagli errori più gravi, almeno all'inizio. Se si mettesse male, potrà sempre mollare i tecnici, a lei imposti da un establishment ostile.
La ricerca, lodevole, non sarà breve né semplice; a parte i dubbi sulla presentabilità di certi eventuali colleghi, molti plausibili candidati hanno seri motivi per sfilarsi. La parete da scalare è verticale, povera di appigli, e una caduta potrebbe essere rovinosa; con pochi margini di errore, servono abilità tecniche sopraffine. Le persone che non disdegnano la ribalta sono tante, ma poche quelle competenti, e spesso avverse a correre grandi rischi; se davvero arriveranno, si accaparreranno i piatti più appetibili. Ciò aizzerebbe contro di loro l'ira di chi si crede defraudato di antichi diritti. Esse temono perciò agguati, e una durata troppo breve per incarichi che, intanto, ne precludono altri lucrosi o influenti.
Alla fine è probabile che Meloni assegni alcuni dicasteri a “tecnici”, magari di minor numero e rilievo rispetto a quanto si vocifera, ma sempre sufficienti a riscuotere il consenso di molti, tanto più lesti a correre al soccorso di chi vince, quanto più netta è la vittoria. I potenziali candidati saranno sì tecnici, ma sanno le leggi ferree della politica. La nuova maggioranza è tale perché dal 2011 (non da sempre!) Meloni è all'opposizione, base ideale per dare l'assalto al potere; l'istinto e i vizi politici dei suoi veterani lupi però restano, solo il pelo è cambiato. Se di notte il clima s'inasprirà, torneranno a ululare. Tremeranno allora i tecnici, consci di potersi trasformare, se i nodi verranno al pettine, da traghettatori indispensabili per navigare mari tempestosi, dove non è ammesso errore, in arnesi dannosi, da buttare per raggiungere le grandi mete. Perciò giustamente esitano.
Il verdetto elettorale è stato chiaro, seppur duro, anche per chi scrive. Se “Italia locuta, causa finita”, finita è anche la pacchia, ma non per la Ue, per Meloni; ora dovrà consegnare la merce che, incauta, ci ha venduto. Quando sarà in difficoltà tremerà anche lei. Non dica che passava di lì per caso e ignorava la gravità della situazione, insulterebbe il buon senso di tutti.
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