- I commentatori della politica nazionale si stanno acclimatando all’idea di un governo a trazione Fratelli d’Italia. E sviluppano argomenti di legittimità, offrendo ragioni che dovrebbero assicurare tutti che la destra di origine fascista non è antiliberale.
- Questa interpretazione della storia offre l’argomento principe: la destra di ieri era totalitaria, ma la stabilità pluridecennale della democrazia costituzionale l’ha addomesticata.
- Ma un argomento lasciato in ombra è quello della “gabbia” europea; il più convincente.
I commentatori della politica nazionale si stanno acclimatando all’idea di un governo a trazione Fratelli d’Italia. E sviluppano argomenti di legittimità, offrendo ragioni che dovrebbero assicurare tutti che la destra di origine fascista non è antiliberale. Che, insomma, l’Italia come altri paesi sarà capace di avere governi di destra senza rischiare la destabilizzazione delle sue istituzioni.
Questa interpretazione della storia offre l’argomento principe: la destra di ieri era totalitaria, ma la stabilità pluridecennale della democrazia costituzionale l’ha addomesticata. Siamo come alla “fine della storia” – l’illiberalismo per sempre sepolto prima sui campi di battaglia e a Norimberga e poi vincendo la Guerra fredda.
Anche la politologia cerca di venire in aiuto, con l’argomento empirico per cui la destra governerà comunque in una coalizione come ha già fatto nel passato berlusconiano (sui cui disastri si glissa). Un argomento lasciato in ombra è quello della “gabbia” europea; il più convincente.
Il primo governo italiano a trazione post-fascista dovrà comunque rispettare i limiti imposti dai trattati europei, tanto nel campo della finanza quanto in quello dei diritti. Se la maggioranza dei governi europei fosse dominata dal modello Orbán-Meloni dovremmo essere molto preoccupati. Ancora così non è.
L’essere avviluppati nella gabbia di norme, regole e convenzioni suggellate dai trattati dell’Unione rende meno insicura la nostra libertà. Ecco l’ossimoro: una Unione che non ha una piena legittimità costituzionale ed è anzi criticata di “deficit” democratico, è la ragione più forte della nostra sicurezza che il governo di destra sia sotto controllo, nonostante le roboanti affermazioni sul rilancio della “sovranità nazionale”.
Nonostante la balzana idea di fare del nazionalismo usando l’Europa come un bancomat. Le interdipendenze economiche e soprattutto giuridiche sono difficilmente manovrabili a piacere dai singoli governi, come predica il modello Orbán-Meloni.
Non sono ragioni storiche o politologiche dunque che ci offrono buoni argomenti per pensare che il governo Meloni-Salvini non tracimi, nonostante le evidenti tentazioni. La garanzia ci viene dall’Europa. L’orribile logica delle “devianze”, le inconcepibili proposte di decurtare i diritti come se fossero di proprietà della maggioranza, di trattare le donne come uteri per il lavoro e la nazione: se questo florilegio illiberale sarà di difficile attuazione, lo dobbiamo non a una destra che ha sotterrato il passato, ma a quel progetto sovranazionale che chi ha subito il nazifascismo ha con grande lungimiranza edificato. Mai più.
Fidiamoci dell’Europa dunque più che della storia nazionale, di questa unione imperfetta che i sovranisti vorrebbero in forma confederata per meglio realizzare i loro piani, indelebilmente illiberali.
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